JESI – Un virus dalle tante facce, tutte ancora da conoscere a fondo. Anche per quello che riguarda gli effetti a medio e lungo termine su quanti, positivi al Covid-19 nelle scorse settimane e oggi guariti, sono tornati a casa dopo il ricovero e stanno cercando di riprendere in mano le proprie vite e un’esistenza “normale”. È per questo che è nato ed è operativo da quattro settimane all’ospedale Murri, nell’ambito del presidio ospedaliero del Carlo Urbani di Jesi, l’Ambulatorio Integrato post-Covid.
«Un’esperienza nata per fondere in una unica offerta competenze infettivologiche, internistiche, pneumologiche, riabilitative, psicologiche, farmacologiche e infermieristiche a favore di pazienti Covid positivi dimessi, quale fondamentale valutazione di base di quelle problematiche peculiari che nel singolo paziente andranno affrontate e monitorate con percorsi specifici» spiega il dottor Marco Candela, direttore di Dipartimento Medico dell’Area Vasta 2 che ha prodotto l’idea e avviato, in equipe con le Unità operative del Carlo Urbani, il progetto.
E la direttrice generale dell’Asur Marche, Nadia Storti, commenta: «Non è un caso se in poco tempo siamo di nuovo qui a presentare un’esperienza di questo tipo: l’ospedale di Jesi è probabilmente il più inserito all’interno del suo territorio, anche nell’apertura al mondo esterno e a quello dei medici di medicina generale».
Approccio analogo era stato a suo tempo quello che aveva portato all’avvio dell’ambulatorio per la riconciliazione farmacologica. Ora è con i postumi della bufera Covid-19 che si fanno i conti. «Da un momento terribile che tutti abbiamo attraversato, nascono idee nuove – dice il direttore d’Area Vasta 2 Giovanni Guidi -; ci si è chiesti chi avrebbe seguito il paziente Covid dopo le dimissioni, per arrivare a questo percorso di follow-up, monitoraggio, dopo il ritorno a casa».
In questa prima fase l’ambulatorio è attivo a cadenza settimanale, con una lista unica di prenotazione e un codice di esenzione a favore dei pazienti Covid ricoverati nelle scorse settimane al Carlo Urbani: sono stati 268 nella struttura ospedaliera jesina, duecento circa quanti ce l’hanno fatta e sono tornati a casa. La gestione è congiunta da parte delle unità operative coinvolte e attivabile con una semplice richiesta all’indirizzo mail ambpostcovid.jesi@sanita.marche.it.
Spiega Candela: «Un’idea che risponde all’interrogativo che abbiamo iniziato a porci intorno alla metà di aprile, quando si è iniziato a vedere qualche spiraglio di luce: il Carlo Urbani è stato quello a più alto numero di pazienti Covid-positivi ricoverati dell’intera Asur, la risposta data ci ha fatto onore e ha suscitato in tutti noi un orgoglio di appartenenza a questa struttura. Ci siamo chiesti quali sarebbero stati nei pazienti gli effetti a medio e lungo termine dell’infezione, che stiamo mano a mano scoprendo toccano i più vari ambiti e aspetti: dai cardiovascolari e polmonari a metabolici e immunitari, fino agli psicologici riscontrati in stati di ansia, somatizzazioni, depressioni».
Oltre venti i pazienti sin qui già incontrati e monitorati col contributo delle diverse competenze mediche in causa, fra gli auspici di Candela quello di poter ampliare in una seconda fase anche lo spazio riservato alla telemedicina, con l’ausilio di videochiamate, chat, mail per mantenere il rapporto col paziente. E c’è poi chi evidenzia la prossima necessità di tenere conto anche di tutti quei pazienti Covid-positivi che non sono però passati per il ricovero.