Jesi-Fabriano

L’Arci ricorda con film e letture il rogo nazista dei libri nel 1933

L'iniziativa alla biblioteca La Fornace di Moie curata dall'Arci Jesi-Fabriano in collaborazione con la Casa delle Culture. Letti alcuni brani e proiettato il film-documentario Vita Activa, the spirit of Hannah Arendt

Il gruppo di lettori con l'assessore Fabiana Piergigli (foto Anahita H. Dowlatabadi)

MOIE – «Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare le persone».

(foto Anahita H. Dowlatabadi)

Tullio Bugari non poteva spiegare meglio, con la citazione di Heinrich Heine, poeta tedesco dell’800, la giornata di “Straordinaria lettura” dedicata alla memoria dell’anniversario del rogo dei libri non graditi al nazismo.

Era il 10 maggio 1933, Opernplatz, Berlino.

Alla biblioteca “La Fornace” l’Arci Jesi-Fabriano – presente il presidente Cristiano Bernardi – e la Casa delle Culture di Maiolati Spontini – presente l’assessore Fabiana Piergigli – hanno dato vita all’iniziativa “No Rogo” con la proiezione del film-documentario “Vita Activa, the spirit of Hannah Arendt” e la lettura di alcuni brani da parte del gruppo Arci Voce, con Tullio Bugari, Paolo Consonni, Lucia Lucarini, Manuela Carotti e Cristina Corsini.

I libri sono l’orizzonte della libertà, distruggerli significa annientare il nostro senso critico e al ricordo dei tanti roghi nella storia va coniugata la capacità di comprendere i segni premonitori che ci sono anche nel nostro presente.

«Questa è la missione della gioventù e perciò voi fate bene, in questa ora tarda, ad affidare alle fiamme i rifiuti intellettuali del passato».

Il passo del discorso del gerarca nazista Joseph Goebbels contro la cosiddetta “cultura degenerata”  ha introdotto la proiezione del docu-film che è un ritratto della vita privata e del pensiero filosofico della Arendt. Non solo, ma anche ricchissimo di testimonianze, immagini e filmati d’epoca.

Hannah Arendt, filosofa e scrittrice tedesca di origini ebraiche, in fuga dalla Germania nazista, sviluppò, alla fine della guerra, il concetto relativo alla natura del male, coniando la celebre espressione “banalità del male”.

Inviata del New Yorker a Gerusalemme nel 1961, assistette al processo celebrato contro il gerarca nazista Adolf Heichamann – condannato poi a morte – dal quale ne trasse il suo libro più conosciuto.