JESI – «Sul biodigestore, abbiamo compiuto in Consiglio il percorso che ci era stato richiesto. Confidiamo che ora l’Ata faccia altrettanto nel passare al vaglio le condizioni fissate nell’atto di indirizzo approvato». Così il sindaco Massimo Bacci sulla vicenda biodigestore, l’impianto per il trattamento dei rifiuti organici e del verde dell’intera provincia che dovrebbe sorgere a Jesi.
«L’atto approvato in Consiglio ha sola validità politica, ora tocca ai tecnici- dice Bacci- tante sono state le cose inesatte dette ma l’ultima parola sul via libera finale spetterà comunque al Comune di Jesi».
In Consiglio, dove la maggioranza e Silvia Gregori di Forza Italia hanno votato l’atto che dà un primo via libera al biodigestore mentre il resto delle opposizioni ha lasciato l’aula in protesta, ha fatto discutere il fatto che solo all’ultimo siano saltate fuori novità come la possibilità di sedi alternative alla Coppetella (in particolare l’area ex Sadam) e l’ingresso del privato, con il 51% della proprietà, nella società che dovrebbe realizzare e gestire l’impianto. «Solo un privato- dice Bacci- potrebbe sostenere l’investimento richiesto per la realizzazione del biodigestore. E nessun privato accetterebbe di essere coinvolto senza avere la possibilità di organizzare la gestione. Ma il 49% che resterebbe in mano pubblica dà garanzia di controllo e abbiamo chiesto nell’atto di indirizzo che il Comune di Jesi sia nei fatti l’ente che si occuperà in maniera diretta di individuare questo socio privato e di appaltare progettazione e realizzazione». Altra condizione espressa, ricorda Bacci, «che tutta la raccolta organica e del verde della provincia venga conferita in maniera esclusiva a Jesi».
L’impianto che dovrebbe sulla carta prendere in carico rifiuti organici e del verde dell’intera provincia, trattarli e ricavarne biometano e compost per la concimazione: 70 mila tonnellate annue da lavorare, 2 milioni di metri cubi di biometano e 15 mila tonnellate di fertilizzante da ottenere, 30 milioni di investimento recuperabili in un tempo medio di 9 anni e con un utile stimato di 4,6 milioni dopo 20, 280 mila euro annui di “equo indennizzo” al Comune ospitante