JESI – Si inaugura domenica prossima 15 dicembre alle 18, presso il Museo Federico II Stupor Mundi, la mostra che esporrà le 144 proposte pervenute un anno fa per il logo di “Jesi Città Regia”. A vincere e aggiudicarsi il premio economico di 3.500 euro fu il grafico ternano Simone Scimmi. Ma oggi la mostra darà spazio a tutti gli elaborati ammessi al concorso e giudicati da una giuria composta dai professori Antonio Ramini, Silvia Ciccomascolo, Matteo Catani, Loretta Fabrizi e presieduta da Mauro Torelli del Comune di Jesi.
A salutare l’evento, un concerto del Quartetto Cedro. La mostra sarà aperta dalle 10 alle 13 giovedì e venerdì e con orari 10-13 e 16-19 il sabato e la domenica, fino al 31 gennaio. «Una occasione anche per il Museo Federico II Stupor Mundi- evidenzia l’assessore alla cultura Luca Butini– che è da poco ufficialmente diventato di proprietà della pubblica amministrazione. Daremo visibilità a tutti gli elaborati, peraltro l’inaugurazione avverrà all’indomani di un incontro, qui a Jesi, con i sindaci delle città federiciane, delle nostre gemellate e con i Comuni marchigiani coinvolti nel progetto “Federico II e le Marche del Medioevo” che ci è stato finanziato dalla Regione».
A presentare la mostra insieme a Butini, Simona Cardinali dei Musei Civici e il professor Antonio Ramini, che ricorda: «Il mito si razionalizza ma rimane, come a Roma per Romolo e Remo: l’appellativo di Città Regia attraversa tutta la storia della città e fa parte della mitologia jesina. Credo sia opportuno recuperarlo, non certo come ostentazione di una superiorità ma come spunto per far conoscere meglio la città».
Ricostruisce Ramini: «L’iscrizione accanto al leone di Palazzo della Signoria, posta al tempo di Papa Borgia, dice di Jesi fondata da un mitico Re Esio dei Pelasgi, popolazione greca o forse etrusca come è stato di recente suggerito in merito all’origine del nome Esio, e avente per simbolo un leone incoronato da un imperatore, Federico II. E per questo Città Regia. Dunque già a fine ‘400 Jesi si autodefiniva così. Lo racconta Pietro Grizio, primo storico della città di Jesi nel ‘500. In anni recenti storici e studiosi delle più differenti estrazioni e idee politiche, da monsignor Urieli a Vitaliano Cinti e Raffaele Molinelli, si sono detti rammaricati per la scelta, comprensibile alla fine dell’ultima Guerra Mondiale da parte del sindaco Pacifico Carotti, di rinunciare a tale appellativo. Ma io credo che recuperare il passato non è sbagliato ma utile e interessante».