Jesi-Fabriano

Roberto Mancini ospite alla mostra della Fondazione Cardinaletti, tra la sua Jesi e l’Arabia

L'attuale ct dell'Arabia Saudita ed ex tecnico della Nazionale azzurra di calcio ospite della mostra evento “Jesi e il ‘900 verso il 2050 – le farfalle arriveranno”. «Jesi, per me, è un fortino che ha un valore inestimabile»

JESI – “Jesi e il ‘900 verso il 2050 – le farfalle arriveranno”, la mostra/evento appena salpata e e che durerà fino al 19 maggio con incontri, dibattiti e non solo, ha ospitato Roberto Mancini, che è venuto a salutare Andrea Cardinaletti, presidente della Fondazione Gabriele Cardinaletti, e tutto lo staff che da alcuni giorni lavora alacremente per dare un’anima ancor più concreta e definitiva a un “contenitore”, quello della ex Banca Marche in Corso Matteotti a Jesi, che ha già accolto nelle sue sale numerosi visitatori.

Ne è scaturita una chiacchierata condotta dal giornalista Andrea Carloni, da anni fulcro della Fondazione, e da tre giovani che fanno parte della redazione interna, Gaia Marani, Tommaso Feliziani, Virgilio e Ulisse come responsabile tecnico. Roberto ha risposto volentieri, ricordando quanto non sia stato semplice andar via da Jesi poco più che bambino, perché «Jesi è una città in cui tutti si conoscono anche oggi ed andare in una grande città come Bologna non era un’idea semplice. Ho sentito molto la mancanza dei miei amici, dei miei ambienti e soprattutto dei miei. Se erano contenti? Mio padre certo, mia madre ha minacciato di brutto babbo se mi fosse successo qualcosa. Invece, dopo il dovuto adattamento, debbo riconoscere che aveva avuto ragione lui. Primo anno durissimo, il secondo un po’ meno poi, poi la serie A, il traguardo per cui tutti i bambini giocano a pallone. E noi andavamo per giocare, non per guadagnare. La mia prima diaria? 40.000 lire. Bologna è una città straordinaria, che mi ha subito voluto bene. Cosa consiglio ai giovani? Di poter scegliere liberamente, fare quello che si sentono dentro, sbagliando e anche fallendo, qualche volta, ma è l’unico modo per crescere».

Gli hanno chiesto l’importanza di Jesi nella sua vita. «Jesi, per me, è un fortino che ha un valore inestimabile, ci sono i miei ricordi, le mie cose, i miei amici, i miei genitori, soprattutto. Ed ho quella zona di conforto che, accompagnata alla qualità della vita, vale più di tanti altri posti. Posso dire che ho vissuto come volevo, ed è stato un privilegio, gli anni ’80 e ’90, un calcio meraviglioso, amici straordinari, come Luca Vialli, che resteranno sempre al mio fianco e nel mio cuore».

La mostra parla di una città, una terra che corre verso il 2050: Mancini si è posto dei traguardi ulteriori? «Ho sempre voglia di lavorare, non mi pongo obiettivi, se non quello di superare il turno con la Nazionale saudita. E poi… spero di poter andare ancora in bici e allenarmi. Il calcio mi ha dato tutto, come giocatore e allenatore. Non si sa mai».

C’è un altro Roberto Mancini, all’orizzonte? «Non lo so, mi auguro ci siano tanti bambini che si divertono giocando e senza i genitori che gli fanno pressione come oggi spesso accade».

La domanda sull’Italia doveva venir fuori. «Mi piace pensare ad un’Italia che, lo sapete bene, non è accreditata come merita mentre, poi, diventa sempre una delle più temute e pericolose. Io tifoso? Sì, da piccolo della Juve (rumore di fondo degli intervenuti, ndr) poi di ogni squadra con cui ho giocato. Il cibo in Arabia? È ottimo, anche se non puoi pretendere cannelloni o vincisgrassi, quelli li trovi nei ristoranti italiani che sono molto accreditati. Ancora non sono andato in cammello, qualcuno mi ha chiesto, ma prima o poi…».

Poi Andrea Cardinaletti ha parlato della realizzazione a Jesi di una Città dello sport, come uno degli obiettivi della Fondazione. Le premesse ci sono. «E la realizzeremo», ha concluso Cardinaletti. Alla fine foto, selfie, ricordi con i vecchi amici, uno dei quali gli ha donato una serie di francobolli emessi in Corea del Nord, dedicati alla Sampdoria di Roberto e Vialli. Una chicca. Infine, foto insieme alle sagome di due grandi personaggi della Società Aurora: Don Roberto Vigo e Gianni Rosset