JESI – «Resta carente la dotazione del personale dell’ospedale Carlo Urbani e più in generale in Area vasta 2: pronti all’esposto presso i ministeri della Salute, della Giustizia per il tramite della Procura e dell’Interno per il tramite della Prefettura. Perché quanto sta accadendo in materia di diritto alla salute e all’assistenza non può che avere riflesso in termini di pubblica sicurezza». Tutti a raccolta – sindacati, Tribunale del Malato di Jesi e Comitato per la salvaguardia e difesa dell’ospedale Carlo Urbani – intorno alle criticità della sanità a Jesi e in Vallesina.
A rilanciare gli allarmi, il presidente del TdM Pasquale Liguori, quello del Comitato Franco Iantosca, Giacomo Mancinelli (Cgil), Stefania Franceschini (Cisl), Patrizia Ercoli (Uil) e Stefano Brutti (provinciale della Federazione sindacati indipendenti).
L’ospedale Carlo Urbani di Jesi ha perso dall’inizio dell’anno 35 infermieri, 9 operatori socio sanitari (OSS) e 3 addetti al Cup. Numeri solo in parte rimpiazzati dalle assunzioni di 10 infermieri, 3 OSS e di un operatore Cup.
«Il personale perso nel corso del primo semestre del 2019 – viene spiegato – non sarà più recuperato: da gennaio a giugno tante le cessazioni, anche di personale amministrativo fondamentale». Nel mirino i tagli sulla sanità al personale in Area vasta 2 «per 4,4 milioni di inizio anno, più altri 7 milioni in meno decisi in estate. E con la mobilità verso la stessa Area Vasta 2 che viene di fatto bloccata. C’è a nostro parere la volontà di andare sempre più verso il privato e la privatizzazione».
Per il 26 novembre il Comitato di difesa dell’ospedale organizza una tavola rotonda sulla questione sanità a Palazzo dei Convegni, «invitati a intervenire – dice Iantosca – il direttore d’Area vasta Giovanni Guidi e il sindaco Massimo Bacci».