Jesi-Fabriano

Banca Marche e Ue, Fisac Cigl: «Troppo grande il prezzo pagato dai lavoratori e dal territorio»

Si mobilitano i sindacati dopo la sentenza della corte di giustizia europea contro l'Antitrust che nel 2015 bocciò l'intervento del Fidt nella risoluzione delle crisi bancarie in Italia. «Banca Marche e gli altri 3 istituti commissariati avrebbero potuto essere ricapitalizzati dal Fondo, con oneri inferiori»

L'ex quartier generale di Banca delle Marche a Jesi, ora Ubi Banca
L'ex quartier generale di Banca delle Marche a Jesi, ora Ubi Banca

Non accennano a placarsi le proteste dei risparmiatori che quattro anni fa, con il decreto di messa in risoluzione di 4 istituti di credito, hanno visto azzerato il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate detenute in Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti. A rinvigorire le polemiche, la recente sentenza della Corte di Giustizia europea che ha accolto il ricorso presentato dall’Italia contro la decisione assunta nel 2015 dall’Antitrust europeo e dalla Commissione Ue di bocciare, in quanto aiuto di Stato, l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi a copertura delle perdite che avevano portato la banca Tercas sull’orlo del default. Il pronunciamento ha riaperto la questione su Banca Marche perché, al tempo, la decisione dell’Antitrust rese impraticabile l’intervento preventivo di risanamento da parte del Fidt nelle crisi bancarie in corso e aprì la via alla liquidazione dei 4 istituti di credito.

Forti di questa sentenza, hanno annunciato carte legali alcune associazioni dei consumatori. Di eventualità di una richiesta di risarcimento all’Ue dopo la sentenza del tribunale europeo ha accennato anche il ministero degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, dichiarando che il Governo «esaminerà l’importante sentenza, che chiarisce molti aspetti che si erano sostenuti all’epoca, e farà tutte le valutazioni». Mentre Antonio Patuelli, presidente dell’Abi Associazione Bancaria Italiana, chiedendo le dimissioni della Commissaria Vestager, ha dichiarato: «Utilizzeremo i prossimi giorni per esaminare ogni possibilità giuridica, per chiedere e ottenere risarcimento dalla Commissione europea. È un fatto che ha prodotto danni visibili e conteggiabili per i risparmiatori e ha inciso sulla fiducia verso il mercato finanziario bancario, con costi assolutamente incalcolabili».

Sulla vicenda intervengono oggi i rappresentanti dei lavoratori, con il sindacato Fisac Cgil Marche che in una nota stampa scrive che la sentenza «potrebbe riscrivere una fondamentale pagina economica e politica degli ultimi anni». Un costo duramente pagato anche dal sistema economico marchigiano che ha visto diminuire il credito erogato dagli istituti bancari nella regione di oltre il 20% negli ultimi tre anni. Analoga riduzione è quella del personale bancario occupato nelle Marche nell’ultimo triennio, mentre solo nel 2018 gli sportelli bancari nelle Marche sono diminuiti del 12%. Tutte cifre molto superiori alla media italiana!»

«Prima del decreto cosiddetto ‘salvabanche’ – si legge nel comunicato – Fisac Cgil sostenne l’analogia tra la crisi delle 4 banche e Tercas, presentando ad esponenti politici ed istituzionali uno studio in cui si contestava, tra l’altro, la svalutazione capestro dei crediti deteriorati (quel 17,65% che divenne valore di riferimento per gli stock di npl in pancia agli istituti italiani), che tanto contribuì a spingere le 4 banche dritte verso e poi dentro il baratro. Il sindacato non venne ascoltato e, complice la debolezza del governo anche allora alle prese con le ‘flessibilità di bilancio’, il veto europeo divenne un muro invalicabile. Quella sorta di bail-in retroattivo messo frettolosamente in piedi dall’allora governo in carica per risolvere uno spinoso problema, forse più politico che economico e finanziario, ha fatto scempio del rapporto tra banche, dipendenti e clienti, influendo senza dubbio in maniera negativa anche sulle dinamiche tra esigenze economiche dei territori ed erogazione del credito, con effetto domino su tutto il sistema».

«Tutto ciò – conclude la Fisac – non attenua, anzi non assolve, la responsabilità di chi ha male amministrato le banche portandole al commissariamento. Ma probabilmente la vita dei lavoratori delle banche, quella dei lavoratori dell’indotto (es. ex SEBA) licenziati a causa dell’annullamento di appalti di lavorazioni, la vita dei risparmiatori che hanno visto andare in fumo il frutto dei risparmi di una vita, la vita di tutti gli operatori economici coinvolti, sarebbe stata migliore».