JESI – «Ammanettati, richiusi in una cella con le pareti sporche di sangue e lasciati tutta la notte senza acqua e cibo». È questo il racconto choc di uno dei due autisti del bus Crognaletti, arrestati a Nizza sabato scorso, 9 marzo. Il mezzo, in servizio nella tratta internazionale Firenze-Barcellona, appena oltrepassato il casello di La Turbie, il primo nel territorio francese dopo Ventimiglia, è stato fermato dalla Gendarmerie, la polizia d’oltralpe, per uno dei consueti controlli ai documenti dei passeggeri. Ed è proprio durante l’operazione, avvenuta intorno alle 2 di notte, che qualcosa è andato storto: i due autisti del pullman sono stati arrestati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. A bordo del mezzo, che ospitava una quarantina di passeggeri, c’era anche una giovane coppia pakistana con due figli minori di circa 5 anni, salita a Firenze e risultata al controllo della polizia francese non in regola con i visti, anche se in possesso di documento di identità.
«Solitamente questi controlli durano dai 5 ai 20 minuti – racconta G.G. 44 anni di Genova, uno dei due autisti che da luglio scorso lavora per la Crognaletti di Jesi – È già capitato che abbiano trovato persone a bordo con problemi sui documenti, però li hanno sempre fatti scendere, lasciandoci proseguire il viaggio. Questa volta invece il controllo si è protratto per oltre due ore e, una volta terminato, ci hanno obbligati a seguirli con il pullman fino all’aeroporto di Nizza. Senza darci alcuna spiegazione hanno fatto scendere tutti i passeggeri che erano a bordo, poi ci hanno fatto chiudere a chiave l’autobus e ci hanno condotti nell’ufficio della polizia di frontiera che si trova all’interno dell’aeroporto».
Una disavventura che l’autista racconta ancora incredulo, anche perché, nelle prime fasi, a nessuno dei due conducenti era stata fornita alcuna spiegazione su quanto stesso loro accadendo, se non la mattina successiva (domenica).
«Ci hanno ammanettati, spogliati e perquisiti, togliendoci portafogli ed effetti personali – spiega G.G. – poi siamo stati separati e messi in stanze senza finestre con due materassini a terra. I poliziotti ci hanno fatto firmare alcuni fogli nei quali veniva verbalizzato lo stato di fermo di almeno 24 ore, ma non ci hanno concesso neanche di fare una telefonata, nonostante risultasse nei diritti elencati nel documento. Sono solo riuscito a scrivere un messaggio WhattsApp all’azienda per informarli dell’arresto, ma poi mi hanno tolto anche il telefonino. Mi sembrava tutto surreale».
L’autista racconta che sono stati lasciati senza acqua e cibo, finché, intorno alle 10 di domenica mattina, sono arrivati due agenti in borghese che li hanno fatti uscire, «attraversando ammanettati l’aeroporto». «Con un loro veicolo ci hanno trasferiti in un altro luogo, non so dove, ma a diversi chilometri dall’aeroporto – spiega l’autista – forse un commissariato. Lì un traduttore ci ha consigliato per velocizzare le procedure di rilascio di non prendere un avvocato e ci hanno informato che per l’accusa di traffico di immigrati clandestini, rischiavamo da uno a 5 anni di reclusione. Siamo stati interrogati separatamente e ci hanno chiuso per un’oretta circa in una cella di due metri con le pareti sporche di sangue. Al termine dell’interrogatorio ci hanno offerto dei biscotti e poi, finalmente intorno alle 14 ci hanno liberati».
Gli autisti sono stati riportati in aeroporto dal traduttore e hanno finalmente potuto far ritorno a casa. Una brutta disavventura per i due genovesi che sono tutt’ora molto scossi: «Sono andato a lavorare e sono finito in galera, una vicenda assurda che ti fa capire come la vita possa cambiare in un momento. Il mio collega non vuole più lavorare sulla tratta internazionale e anche io sto valutando se continuare o meno. Il rischio è troppo alto anche perché cosa accadrebbe nel caso in cui ci trovassimo nuovamente nella stessa situazione?» si interroga l’autista.
Della vicenda si sta interessando l’azienda jesina, che intende andare a fondo alla questione: «Speriamo sia la prima e ultima volta – spiega l’amministratore delegato Daniele Crognaletti – i nostri autisti sono dei professionisti e a loro ci teniamo».
Anche i sindacati si stanno muovendo: «È inaccettabile il trattamento ricevuto dai due autisti – sottolinea Andrea Gamba, segretario regionale Fil Cgil della Liguria – stavano solo facendo il loro lavoro e si sono trovati in una situazione estremamente sgradevole». La Cgil intende andare a fondo alla questione e annuncia che scriverà al Ministero degli Esteri e al Ministero degli Interni per fare chiarezza. «Una situazione del genere non deve più accadere, occorre un protocollo che spieghi confini e operatività degli autisti nelle tratte internazionali», dichiara il segretario ligure della Cgil, sorpreso anche del fatto che la famiglia di pakistani non in regola non sia stata trattenuta ma sia stata solamente fatta rientrare a Ventimiglia, mentre «ai due autisti non è stata lasciata neanche una copia della documentazione firmata». «Alla fine sembra che le tensioni tra Francia e Italia si stiano scaricando sulla parte più debole, ovvero i lavoratori», conclude Gamba.