FABRIANO – Confermato sciopero per domani 10 ottobre di 8 ore dei lavoratori dei siti produttivi di Fabriano e Rocchetta del Gruppo Fedrigoni. Astensione dal lavoro che avverrà per 8 ore per turno di lavoro. Inoltre, si prosegue con lo stato di agitazione e blocco degli straordinari e flessibilità oraria su tutto il gruppo, e verrà comunicato un ulteriore pacchetto di ore di sciopero per dare un segnale forte e chiaro al management. Questa la ferma posizione dei sindacati di categoria Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl Carta e Stampa nazionali, regionali e la Rsu unitaria, al termine della seduta plenaria con il management del Gruppo Fedrigoni svoltasi ieri e oggi nella sede di Verona. L’incontro ha avuto al centro della discussione la decisione di chiudere dal primo gennaio 2025, la società Giano e il conseguente avvio della procedura di mobilità collettiva per i suoi 195 dipendenti, di cui 174 lavoratori attualmente impiegati, inclusi i contratti a tempo determinato e di somministrazione, distribuiti tutti negli stabilimenti di Fabriano e Rocchetta. Il confronto proseguirà il 24 ottobre prossimo a Fabriano.
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Durante la riunione plenaria, Giuseppe Giacobello, responsabile Relazioni Industriali del Gruppo Fedrigoni, ha messo sul tavolo le prime concrete opportunità di ricollocazione, che riguardano posizioni aperte, e dunque immediatamente disponibili, sia negli stabilimenti dell’area Marche che negli altri impianti italiani del Gruppo, a Verona e nel Trentino, per cui sono già arrivate da alcuni lavoratori manifestazioni di interesse. «L’azienda si sta impegnando fattivamente per trovare tutte le soluzioni percorribili che possano ridurre l’impatto della chiusura di Giano sulle persone e sui posti di lavoro», ha spiegato Giacobello. «Bisogna tenere presente, però, che siamo solo all’inizio dell’iter, seguiranno altri incontri con le parti sociali, i sindacati e le istituzioni e dunque invitiamo le persone ad avere fiducia in questo percorso. Contiamo di arrivare all’incontro del 24 ottobre con ulteriori opportunità anche di tipo industriale. Ribadiamo ancora una volta che non abbiamo nessuna intenzione di lasciare le Marche, ma anzi continueremo a investire sullo sviluppo dei nostri siti produttivi e di trasformazione in quest’area e sul brand Fabriano, che vogliamo fare diventare un marchio leader a livello mondiale sui prodotti distintivi, come le carte per l’arte e il disegno, i prodotti per la scuola e la cartoleria, le carte per la sicurezza», ha concluso.
La plenaria
Le parti hanno ribadito le proprie posizioni. L’azienda ribadendo le motivazioni della scelta legandola al mercato in calo in generale, in cui il settore della Carta Ufficio (core business della Giano) ha registrato un significativo declino, principalmente a causa della digitalizzazione e di un eccesso di capacità produttiva. Il declino del settore è stato definito permanente e i risultati finanziari negativi sono testimoniati da una perdita pre-imposte di 2,9 milioni di euro nel 2023.
«Le motivazioni presentate dall’azienda per giustificare i licenziamenti sono molto preoccupanti, poiché l’eccedenza di personale rende impraticabili soluzioni temporanee come la Cassa integrazione», scrivono i sindacati nella nota unitaria diffusa al termine della due giorni di plenaria, durante i quali l’azienda ha fornito dati e proposte nel tentativo di mitigare l’impatto occupazionale come incentivi all’esodo e mobilità volontaria. Tuttavia, le organizzazioni sindacali hanno unanimemente giudicato queste informazioni «come insufficienti e inadeguate rispetto alla gravità della situazione», pur manifestando la loro disponibilità a collaborare con l’azienda «per individuare ulteriori soluzioni che possano alleviare l’impatto della procedura di licenziamento».
Ribadita la necessità di coinvolgimento del Ministero delle Imprese e del Made in Italy «poiché, secondo noi, è fondamentale coinvolgere la Regione Marche, i Comuni coinvolti e tutte le istituzioni competenti nel processo di consultazione. La cooperazione tra le parti sarà essenziale per cercare alternative che possano garantire non solo la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, e il mantenimento delle attività produttive nell’area (considerando l’indotto) contribuendo così al consolidamento e allo sviluppo della comunità locale», concludono i sindacati.