CHIARAVALLE – È la fine di una storia iniziata 260 anni fa? Pare proprio di sì visto che il tribunale di Ancona ha revocato la procedura di concordato preventivo e per la Manifattura Tabacchi di Chiaravalle si materializza il fallimento. La decisione è arrivata ieri quando i giudici del tribunale fallimentare hanno dichiarato che “il piano industriale a base della domanda di concordato si è rivelato palesemente inidoneo al risanamento dell’impresa”.
Secondo i commissari non sono state documentate uscite per oltre 20mila euro e sarebbe stata riscontrata un’attività di prelievi definita “anomala”. Una gestione della cassa “disinvolta – si legge nel decreto di revoca – e l’adozione di iniziative senza il controllo degli organi della procedura in sicura assenza di buona fede”. La Mit era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo nel 2016 ed aveva prospettato un piano di continuità diretta e la soddisfazione dei creditori chirografari con la finanza esterna per 2 milioni di euro, proveniente dai soci.
«Sono molto dispiaciuto – dice Claudio Passaretti, amministratore unico della Mit – perché avevamo contratti da firmare per oltre 200 milioni di euro di cui il tribunale era a conoscenza. Ora inoltreremo ricorso in appello e speriamo di avere risposte positive per i lavoratori».
L’azienda in crisi e sul punto di fallire era riuscita a continuare l’attività tanto che lo scorso gennaio la produzione era ripresa a pieno ritmo senza l’utilizzo di ammortizzatori sociali. Anche i sindacati, nello scorso mese di giugno, si erano detti fiduciosi per l’assunzione di altre 10 unità lavorative. Con il fallimento a rischio ci sono circa 80 posti di lavoro: a Chiaravalle 65 lavoratori. La Manifattura Tabacchi di Chiaravalle ha profondamente segnato lo sviluppo del territorio: la ricchezza che ne è derivata e il ruolo delle donne nel mercato del lavoro nelle vesti di sigaraie, sono tra i segni più evidenti lasciati in 260 anni di storia. Costruita nel 1759, nel 1959 dava lavoro a 1.100 persone. Poi la crisi che ha causato perdite occupazionali notevoli tanto che nel 1997 erano meno di 400 i lavoratori dello stabilimento di Chiaravalle e ad oggi sono circa 65 con una ventina occupati a Roma.
Nel dicembre 2014 una forte avvisaglia di gravi problemi: i vertici della manifattura, Massimo Tarli, direttore generale dello stabilimento chiaravallese e Luca Cecconi, responsabile dei rapporti con i Paesi esteri, vennero arrestati con l’accusa di traffico internazionale di sigarette di contrabbando da 100 milioni di euro. Secondo l’indagine “Duty free”, coordinata dalla Procura di Ancona con il supporto del Servizio antifrode delle Dogane, carichi di sigarette da 520 tonnellate sarebbero partiti dalla Manifattura di Chiaravalle, formalmente con destinazione Paesi extra Ue. In realtà però quelle sigarette erano dirette verso Paesi dell’Unione, con un’evasione di imposta pari a 73 milioni di euro. L’attività di contrabbando sarebbe iniziata nel novembre del 2011: agli arrestati venne contestata l’associazione per delinquere transnazionale.