Jesi-Fabriano

Jesi, cartelli «contro la politica che ci riporta indietro di cento anni»

Il collettivo Transfemminista Jesi ha affisso manifesti in città per rivendicare diritti ed esigere di poter decidere sul proprio corpo

I cartelli del collettivo Transfemminista di Jesi

JESI – “Aborto garantito”. “Sul mio corpo decido io”. Sono alcuni dei cartelli apparsi questa mattina con i quali il collettivo Transfemminista Jesi ha tappezzato la città.

«Messaggi chiari e inequivocabili – spiegano – che riguardano il corpo delle donne, i loro diritti e quelli di tutti coloro che li vedono messi a rischio dalle parole e dalle azioni di una politica che ci vorrebbe far tornare indietro di almeno cento anni. Abbiamo dovuto ascoltare nelle ultime settimane dichiarazioni inaccettabili sulla necessità di dare figli alla patria per scongiurare la sostituzione etnica, sulla famiglia “naturale” unica possibile e meritevole di sostegno, sull’aborto come omicidio. Leggiamo di disegni di legge che, come già successo in Umbria ed Abruzzo, vogliono limitare l’accesso alla pillola RU486 vincolandola all’ospedalizzazione e rendendone di fatto sempre più difficoltoso l’accesso a molte donne e che spianano la strada all’ingresso nei consultori dei pro-life e di tutto quell’associazionismo antiabortista di estrema destra che intende colpevolizzare e umiliare chi faccia richiesta di IVG. Oltretutto in Comuni come il nostro, dove la conta degli obiettori è del 100% ormai da anni, l’Amministrazione rifiuta di aderire ad una mozione che chiede il pieno adempimento della legge 194».

Questo non lo possiamo più accettare, afferma il collettivo. «Ci vorrebbero imporre silenzio e obbedienza, in un paese dove il femminicidio uccide una donna ogni tre giorni, dove stupri, violenze e attacchi omo/transfobici sono pane quotidiano, dove la disparità salariale e di accesso alle professioni è altissima. E ancora di più in un’emergenza pandemica che ha visto le donne pagare prezzi enormi sotto ogni punto di vista. Siamo stanche di vedere i nostri corpi al centro di battaglie che ci riguardano ma a cui non siamo mai invitate a partecipare, solo a subirle in rispettoso silenzio. E per questo pretendiamo di rimettere i nostri corpi al centro del dibattito, di renderli visibili e scomodi. Pretendiamo aborto sicuro e garantito sia chirurgico che farmacologico, consultori liberi dai pro-life, aperti ed accoglienti per le donne e per la comunità LGBTQIA+, parità di salario e di accesso al mondo del lavoro, reddito di dignità».

Il collettivo Transfemminista di Jesi è ancora più chiaro: «Pretendiamo di decidere. Sempre, ma ancora di più nella settimana che ci avvicina all’8 marzo. Che non è una ‘festa’ ma un giorno di lotta. Saremo nelle piazze e nelle strade delle nostre città il 6 e l’8 a ricordare che se ci dichiarate guerra siamo pronte a rispondere!».