JESI – Soprintendenza ultima speme. Dop il “no” al referendum, dichiarato “inammissibile“, espresso dal Comitato dei Garanti, l’altro Comitato in causa, “Nessuno Tocchi Pergolesi“, percorrerà l’unica via possibile, allo stato dei fatti, perché il monumento nell’omonima piazza non venga spostato neanche di un centimetro.
«Scriveremo una lettera alla Soprintendenza, corredata dalle firme dei cittadini, per riproporre la questione e affinchè una nostra delegazione possa essere ricevuta per esporre quanto da noi sostenuto. E cioè che il monumento, per una serie di ragioni inoppugnabili, deve rimanere là dove sta da più di cento anni».
All’indomani dell’inappellabile “sentenza”, che dovrà comunque passare all’approvazione del Consiglio comunale – facile prevedere che sarà ratificata – i promotori del referendum bocciato non si arrendono.
Anzi, rilanciano.
Il primo firmatario di “Nessuno Tocchi Pergolesi”, Vittorio Massaccesi, ha sottolineato, nel corso di una conferenza stampa indetta per l’occasione, come «ce lo aspettavamo, dopo il colloquio avuto con il Comitato dei Garanti. Ma non siamo d’accordo su quello che sottende alla decisione finale. Noi non vogliamo stravolgere il Piano regolatore – motivo del “no” al referendum – ma semplicemente intervenire su un progetto di riqualificazione architettonica che interessa anche corso Matteotti e piazza della Repubblica. E di questo si è sempre scritto e parlato: riqualificazione. Quindi, non ci si può appellare al Piano regolatore e fare riferimento – come è stato fatto – all’art. 27 del Regolamento degli istituti di partecipazione del Comune di Jesi, regolamento secondo il quale “non possono essere oggetto di referendum consultivo e abrogativo i piani territorali e urbanistici e i piani per la loro attuazione e relative variazioni».
Ci si sta arrampicando sugli specchi, allora? Resta il fatto che «la nostra è stata una battaglia positiva, portata avanti per quasi un anno e che non finisce qui. Intanto è stato rinviato l’appalto dei lavori costringendo l’Amministrazione comunale a ulteriori riflessioni. Ha ingenerito perplessità per il rischio, al quale si potrebbe andare incontro, di rovinare il manufatto artistico».
Rischio che è tutt’altro che campato in aria, visto il parere espresso dallo scultore Massimo Ippoliti che un lustro fa aveva proceduto al restauro del monumento e che aveva già denunciato la presenza di incrinature. Si teme che troppe sollecitazioni – inopportune – possano portare al collasso della struttura marmorea.
E chi pagherà, poi? Si è detto Gabriele Fava, presente insieme a Rosa Meloni – c’era anche Massimo Gianangeli, pentastellato consigliere della scorsa legislatura, impegnato anche lui contro lo spostamento – «abbiamo ingenerato dubbi, soprattutto in seno ai tecnici comunali che eventualmente sarebbero chiamati a pagare in solido».
«Siamo di fronte a un bizantinismo – ha affermato l’architetto Sergio Marinelli – quando si chiama in causa il Piano regolatore. L’arretramento di 18 metri del monumento comporta rischi gravi e lo renderà attaccabile dalle vibrazioni sollecitate dal traffico veicolare in via XV Settembre e dai gas di scarico delle autovetture in transito».