JESI – Fotografare e filmare persone in piazza con volti in primo piano e riconoscibili, durante la cosiddetta “movida”, per poi pubblicarle sui social network o inviarle con servizi di messaggistica, potrebbe essere reato. Tanto più se tali scatti vengono accompagnati da commenti offensivi. A fare il punto è l’avvocato di Jesi, Joseph Borgiani.
«Chiunque che, con il proprio cellulare, scatti delle fotografie o registri un video di nascosto, senza che il soggetto ripreso abbia espresso il proprio consenso, può incorrere nella commissione del reato di molestie e disturbo alle persone di cui all’art. 660 del Codice Penale, punibile con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516,00 euro – spiega l’avvocato Borgiani -. Lo ha stabilito una recente Sentenza della Cassazione (n. 9446/2018) che ha respinto il ricorso presentato da un uomo, indagato del reato di molestia, confermando il sequestro del telefonino con cui lo stesso era stato sorpreso a fotografare una donna in un centro commerciale, senza il consenso da parte della stessa. Inoltre, se tali foto o video venissero pubblicate sui Social o programmi di messaggistica, come ad esempio WhatsApp, si potrebbe incorrere nella commissione dell’ulteriore reato di diffamazione aggravata, di cui all’art. 595 comma 3 c.p., con la pena alla reclusione da sei mesi a tre anni o la multa non inferiore a 516,00€ ; questo quando la fotografia o il video fossero offensivi dell’altrui reputazione oppure quando si inserirebbero insieme ad essi post o commenti offensivi».
Attenzione quindi, è sempre il suggerimento dell’avvocato, «a fotografare e pubblicare sui social, senza il consenso, volti di persone, targhe delle macchine o numeri civici delle abitazioni, in quanto si rischierebbe di violare la privacy dei cittadini e di essere perseguibili in illeciti penali nonché azioni di risarcimento del danno in sede civile. Tutto ciò che identifica una persona fisica è un dato personale che, salvo eccezioni specifiche, non può essere divulgato senza l’approvazione dell’interessato».
In questo periodo, nota lo stesso legale, «tali fenomeni si sono ampiamente sviluppati, divenendo in certi casi “figli della paura del COVID-19”, paura che spinge le persone a fotografarne altre, per poi pubblicare le foto sui social, segnalando possibili comportamenti illeciti, come ad esempio i divieti di assembramento o le semplici passeggiate che venivano fatte in fase di lockdown, senza essere a conoscenza delle motivazioni sottese ai medesimi. Il consiglio che mi sento di dare, in caso si assista ad eventuali condotte illecite, è quello di segnalare tali comportamenti alle autorità competenti, come la polizia, i carabinieri o i vigili urbani».