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Covid ed economia, Pierluigi Bocchini: «Europa in tremendo ritardo sui vaccini»

L’imprenditore jesino, patron della Clabo, evidenza che gli intoppi della campagna vaccinale si ripercuotono pesantemente sulla competitività delle imprese

Pierluigi Bocchini
Pierluigi Bocchini

JESI – Alimentare, farmaceutica e digitale in crescita. Mentre crollano tutti gli altri settori. Il Covid si è abbattuto pesantemente sull’economia e, a parte alcuni segmenti non propriamente caratterizzanti l’Italia, sta compromettendo fortemente la competitività delle imprese. L’imprenditore Pierluigi Bocchini, patron di Clabo, lo sa bene. La sua azienda ha sedi e uffici di rappresentanza in diverse parti del mondo. Può pertanto confrontare le situazioni. E rimarcare, ancora una volta, l’esigenza primaria per lasciarsi questo incubo epidemico alle spalle: vaccinare.

Bocchini, qual è la situazione delle imprese locali, e in generale del Paese, dopo un anno di restrizioni?
«Sto osservando – dice l’imprenditore jesino – una frattura sempre più profonda, sia a livello locale che nazionale, tra le imprese che non sono state toccate dal Covid, o che addirittura ne hanno beneficiato, e quelle invece che sono state messe in ginocchio dalla pandemia. Alimentare, farmaceutico, digitale sono solo alcuni dei settori che dalla pandemia ne escono bene e con ricavi addirittura in crescita. Dall’altro lato, abbiamo intere filiere che sono ormai al collasso: moda, tessile, calzature, ristorazione, turismo e trasporti sono alcuni tra i settori più penalizzati e purtroppo sono anche i pilastri dell’economia del nostro paese e della nostra regione».

Le vostre prospettive?
«Tutto dipende dall’emergenza sanitaria e da quanto veloci saremo nel vaccinare».

La Clabo opera anche negli Usa. Stanno meglio di noi?
«Negli Stati Uniti, i nostri manager ci dicono che, ad eccezione di ristorazione e compagnie aeree, sono tornati al “business as usual”, normalità. Stanotte, il presidente Biden ha comunicato che per il 4 luglio ogni americano che vorrà, potrà essere vaccinato. Parliamoci chiaro: loro ne sono fuori e stanno ripartendo fortissimo. La nostra azienda di Philadephia ha 16 settimane di portafoglio, mai accaduto nella storia, normalmente eravamo a 4-5 settimane».

E l’Europa?
«Ci siamo persi nella campagna vaccinale. Siamo tremendamente indietro. E questo, oltre che essere un enorme ingiustizia sociale, che uccide ogni giorno, solo in Italia, centinaia di persone fragili, anziane e malate, è anche un macigno sull’economia e su molte imprese che vedono il loro giro d’affari drammaticamente ridotto: la loro competitività nelle catene del valore internazionale è enormemente diminuita».

Cosa chiedono gli imprenditori al presidente Draghi?
«Ho la sensazione che Draghi abbia ben chiare le priorità: vaccinare, vaccinare e vaccinare. Il più possibile ed il più presto possibile. Abbiamo perso già troppo tempo. Poi verrà tutto il resto: occorrerà tempo e la politica dovrà aiutare le imprese ad ottenerlo. Molte aziende per rimanere nel business si sono indebitate, hanno visto ridursi il loro patrimonio per le perdite accumulate, hanno ridotto i fatturati. A Draghi chiediamo di spendere bene i soldi del Recovery Plan ed aiutare le imprese a ripagare i loro debiti in tempi più lunghi, a rafforzare i loro patrimoni con esenzioni fiscali per chi ha subito perdite di ricavi significative, di favorire gli investimenti, perché se un imprenditore pensa solo a ripagare i debiti non investe più, le imprese si fermano e con loro tutta l’economia».

Confindustria Marche, a tale proposito, si è offerta per organizzare punti di raccolta nelle aree industriali così da poter vaccinare i lavoratori delle aziende. Cosa ne pensa?
«Sono ovviamente favorevole. Lo avevo suggerito in tempi non sospetti, già alla fine di novembre. Ora occorre far arrivare i vaccini e dare priorità alle categorie più fragili, ma quando avremo dosi a sufficienza per iniziare la campagna massiva e potremo quindi vaccinare tutti coloro che chiederanno di essere vaccinati, penso che più potenza di fuoco avremo a disposizione e prima riusciremo a concludere le operazioni. Le imprese associate a Confindustria hanno oltre 5 milioni di lavoratori in Italia, se solo riuscissimo a vaccinarli nei luoghi di lavoro, avremmo tolto un bel peso dalle strutture pubbliche che potrebbero occuparsi degli altri 50 milioni di italiani. Inoltre metteremmo ulteriormente in sicurezza gli ambienti di lavoro garantendo continuità operativa alle nostre imprese».