Jesi, giorno assolato, fuori temperatura torrida. Invece nella saletta riservata agli ospiti c’è un buon fresco che invita a leggere il cartonato sulla parete a forma di albero di Natale – un vecchio gadget delle scorse festività – le cui decorazioni sono tanti piccoli post-it scritti a mano dai dipendenti Apra. Ne leggo qualcuno per ingannare la breve attesa, sono tutte micro storie di giovani lavoratori che ricordano il primo incontro con la software house di Jesi, il primo colloquio di lavoro, la prima telefonata con l’annuncio dell’assunzione, il primo giorno di lavoro. “Sono arrivato in Apra inviando il mio curriculum, dopo due giorni ero assunto. Quando si dice ‘avere le idee chiare!'”, racconta un biglietto. Una ragazza scrive: “Sono arrivata qui per sostituire una maternità. Il mio viaggio ancora continua. Grazie ancora, Apra!”. E ancora, altro post-it: “Chi cerca trova e a volte viene trovato”. C’è anche un motto, che trovo nel sito aziendale: «Siamo Umane Risorse, prima ancora che risorse umane. Tutti i nostri progetti sono pensati dalle persone per le persone. Perché la tecnologia non esisterebbe senza il pensiero». Intanto lancio un’occhiata all’ingresso luminoso della sede aziendale, e inquadro la statuetta del Premio Vallesina 2021 per l’imprenditoria conferito all’Apra a giugno con questa motivazione: “Per avere saputo adattarsi con flessibilità e coraggio ai cambiamenti della società modulando soluzioni specifiche per le imprese e per aver valorizzato i dipendenti e collaboratori in un costante processo di crescita aziendale”.
E poi ci sono i numeri. I dati registrati al 30 aprile 2021 parlano di 40,4 milioni di euro di fatturato, con il +22% di crescita tra 2020 e 2021; 350 sono i collaboratori, oltre 3000 clienti, e dopo 42 anni di esperienza la sede di Jesi è affiancata dalle filiali e partecipazioni a Bari, Modena, Pedaso, Perugia, Pesaro, Pescara, Trento, Treviso e Vicenza. Un bel traguardo per una piccola azienda informatica nata nel 1979, poi cresciuta a livello nazionale quale partner tecnologico di imprese del settore del mobile, della metalmeccanica, dell’agroalimentare e delle infrastrutture tecnologiche, e dal 2014 entrata in Var Group, gruppo tra le eccellenze italiane nel settore dell’Information Technology.
Flessibilità, lavoro alle giovani generazioni, trasformazione digitale, numeri in crescita nonostante la crisi economica… Ce n’è abbastanza per iniziare l’intervista, penso. Ed è così che incontro Livio Grilli, Giuliano Gabarrini e Gianfranco Fiordelmondo, i tre soci fondatori che, con l’apporto di Lamberto Candelari entrato a far parte della direzione aziendale nel 1996, continuano a guidare l’espansione dell’Apra nel mercato nazionale.
Che emozione vi ha dato ricevere il Premio Vallesina?
«Ne siamo molto orgogliosi, e siamo felici di condividerlo con i nostri collaboratori – dice Grilli -. Siamo consapevoli di essere cresciuti avendo fatto i passi giusti anche in termini di impatto sociale dell’azienda sui territori in cui operiamo. Ogni azienda attraversa nella sua vita diverse fasi, ed ogni ciclo comporta un necessario cambio di mentalità. Abbiamo cercato di cambiare, nel tempo, creando diversi gruppi di lavoro per innovare e progettare soluzioni tecnologiche adeguate ai nuovi modelli di business e di impresa. Soprattutto, abbiamo investito molto, non solo in termini di risorse economiche ma soprattutto di capitale umano. Questo spirito ci permette di reagire subito alle situazioni difficili e di mettere in piedi tutte le attività necessarie a superare le crisi; anche in tempi di pandemia siamo cresciuti molto».
«Un altro aspetto da sottolineare – aggiunge Fiordelmondo – è che il Premio Vallesina riconosce l’impegno sociale delle persone e delle imprese nei vari settori. Siamo onorati di aver portato un contributo, in termini di competenze e di risorse, alla nostra comunità di riferimento… un impegno che ci ha portato, durante la pandemia, a devolvere al Comune di Jesi diversi buoni spesa da mettere a disposizione della famiglie in difficoltà».
Per Gabarrini, «c’è la soddisfazione di avere anticipato concetti che poi nel tempo si sono rivelati vincenti. La nostra fortuna è avere sempre guardato a orizzonti più grandi di noi, siamo stati tra i primi nel territorio a puntare su consorzi, network, reti di impresa, addirittura creando società con soggetti concorrenti. Questo ci ha consentito, partendo da Jesi, di costruire una ossatura di filiali e di portare su tutto il territorio italiano le soluzioni che abbiamo creato qui per le attività tipiche della Vallesina. Quando siamo partiti, negli anni ’80, le attività informatiche erano molto ridotte, si parlava di buste paga, e di programmi utili per meccanica e agroalimentare, poi abbiamo iniziato a lavorare con le pubbliche amministrazioni e con altri settori, via via, un passo alla volta, costruendo reti di impresa e progettando nuovi servizi».
Come nasce Apra, e cosa fa oggi?
«Siamo partiti nel 1979 come società di prodotti collegati al marchio IBM; nei primi anni di attività progettavamo e realizzavamo soluzioni hardware e software gestionali per le aziende del territorio, nel settore dell’industria metalmeccanica, del mobile e dell’agroalimentare, ma anche l’ambito bancario e della Pubblica Amministrazione. Nel 1985, attraverso l’adesione al Consorzio Software per lo sviluppo di sistemi proprietari IBM, abbiamo iniziato ad estendere la portata dei servizi e delle soluzioni informatiche oltre i confini regionali. Nel corso degli incontri con il nostro partner abbiamo avuto modo di conoscere una società di Empoli, la Se.Sa, oggi operatore di riferimento in Italia nell’innovazione tecnologica e digitale, e con cui abbiamo iniziato a collaborare. Dopo aver contribuito, nel 1997, alla fondazione della società Var Group (società controllata al 100% da SeSa, e quotata nel mercato di Borsa Italiana, con un fatturato di 480 milioni di euro), nel 2014 siamo entrati ufficialmente a far parte di Var Group. Questo è stato per noi un momento di grande crescita, siamo diventati una Spa e abbiamo consolidato la nostra presenza sul territorio nazionale, in particolare siamo leader sulla fascia adriatica. Operiamo, dal 2004, attraverso più società tematiche, per offrire risposte personalizzate all’interno di specifici settori di mercato: Wine, Agrifood, Furniture, Fashion, Natural, Manufacturing, Retail, Automotive, Pharma, Distribution & logistic, Banks & Insurance, Shipping & Logistic. Oggi affianchiamo le aziende nel processo di cambiamento informatico, mettendo a disposizione la nostra competenza nel declinare tecnologia all’avanguardia con soluzioni software progettate internamente».
42 anni fa, anno 1979, da giovanissimi come vi siete ritrovati catapultati nel mondo dell’imprenditoria?
Grilli: «All’inizio eravamo in tre, io, Rolando Agostinelli e Giuliano Benigni. Lavoravamo nell’ambito dell’informatica alla Sima, azienda storica di Jesi legata alla meccanica. Poi è accaduto che la Sima è andata in crisi e ci siamo trovati, ancora giovani, a cercare altre attività; a questo punto è arrivata una proposta di IBM di provare un nuovo lavoro con i loro prodotti. Questa per noi è stata anche una grande palestra di formazione e di innovazione, sui programmi oltre che sulle macchine. Dopo pochi mesi, sono arrivati Gianfranco Fiordelmondo e Giuliano Gabbarrini, amici e studenti universitari. Non c’era ancora una idea strategica, avevamo delle conoscenze informatiche e il desiderio di portarle a nuovi clienti… intanto si continuava a lavorare alla Sima e a studiare. Nessuno di noi, al tempo, pensava che avremmo fatto tanta strada».
Vedo che il vostro personale è giovanissimo. Età media?
«Tra i 30 e i 40 anni, facendo una media tra la vecchia guardia entrata in azienda agli inizi, e le nuove leve dei più giovani».
Investite molto sui giovani talenti?
Gabarrini: «È nostro desiderio aumentare ulteriormente le nuove leve, ma c’è la grande difficoltà di trovare giovani informatici. C’è un bisogno di informatici esasperato, dalle università purtroppo ne escono troppo pochi. Nelle Marche abbiamo due università, a Ancona e Camerino, che insieme sfornano 60-70 ragazzi all’anno, di cui la metà lavorano nelle università, la restante parte viene contesa tra piccole e grandi aziende del territorio e anche delle altre regioni. Stiamo facendo opera di sensibilizzazione tra gli studenti degli istituti tecnici e dei licei, cerchiamo di spingerli verso questo tipo di studi che sono ancora poco gettonati rispetto ad altri percorsi accademici. E’ talmente grande il bisogno di giovani laureati, che guardiamo anche ai laureati di discipline vicine, matematica, fisica, e poi con un master dell’Università di Camerino cerchiamo di allargare la platea delle persone che possono entrare in azienda. Questo comunque è un problema italiano, accade in tutte le regioni che i pochi giovani neolaureati siano contesi tra le aziende… Dentro l’azienda, poi, la nostra politica è quella di curare molto le persone, cerchiamo di favorire un clima collaborativo e spigliato, le nostre porte sono sempre aperte e non c’è una funzione specifica per il personale, siamo direttamente noi soci ad occuparcene. In azienda non c’è personale a tempo determinato, tutti i 350 collaboratori sono dipendenti a tempo indeterminato. Abbiamo un turn over bassissimo, sotto l’1%. C’è anche un welfare aziendale molto presente: oltre ad un importo una tantum, paghiamo la retta degli asili nido. libri scolastici e i campus estivi per i figli dei dipendenti, contributi per acquistare computer per i ragazzi, e altro ancora. E chi viene per uno stage, se è bravo e preparato, viene assunto».
Quale è stato l’impatto della pandemia sulla Digital Transformation in atto tra le imprese italiane?
Fiordelmondo: «l lockdown e le norme di contenimento del contagio hanno dato una spinta decisiva verso l’innovazione digitale. Oggi il lavoro da remoto è una realtà che molti hanno toccato con mano, molti clienti sono stati spinti a formarsi e ad attrezzarsi. C’è stata l’esplosione dell’e-commerce che ha consentito a molte aziende di rimanere sul mercato. C’è stata, inoltre, una grande spinta verso le attività legate alla sicurezza informatica, la richiesta di infrastrutture adeguate come la fibra ottica, e una maggiore sensibilità verso il web visto come opportunità di business».