Jesi-Fabriano

Diritto di sciopero, riforma della Costituzione, presidenzialismo. Il professor Ainis a Jesi: «Equilibrare i poteri»

Nella sala ex II circoscrizione di via San Francesco, il costituzionalista ospite della Luaj. «Riforma che nasce con un culto religioso del potere e non si preoccupa dei contropoteri. I diritti andrebbero applicati al meglio della loro capacità espansiva»

Da sinistra il professor Gabriele Fava e il professor Michele Ainis

JESI – «Una Costituzione, se è viva, come tutti i vivi ogni tanto ha bisogno del dottore e degli interventi si possono fare. Il guaio è che in 75 anni questi interventi per lo più sono stati peggiorativi. La proposta di riforma del governo Meloni? Nasce con un culto religioso del potere e non si preoccupa dei contropoteri. La critica non è all’elezione diretta di chi ha le chiavi del governo ma all’equilibrio del sistema». Così nella sala ex II circoscrizione di via San Francesco il professor Michele Ainis, ospite della Libera Università degli adulti di Jesi per un incontro dal titolo “Presidenzialismo: vizi e virtù”.

Accolto dal presidente della Luaj il professor Gabriele Fava e da un folto pubblico che ha riempito la sala, Ainis ha toccato un tema di grande attualità. Laurea in giurisprudenza nel 1978 presso l’Università degli Studi di Messina, docente universitario qui e poi alla Sapienza di Roma, all’Università di Teramo dove è anche stato preside di Facoltà e all’Università degli studi Roma, il professor Ainis ha scritto diversi volumi su temi politici e costituzionali, pubblicato tre romanzi ed è volto noto anche nella sua veste di editorialista dei maggiori quotidiani nazionali e di ospite di molte trasmissioni televisive.

Il professor Michele Ainis (foto ufficio stampa Luaj)

Professor Ainis, il tema della riforma costituzionale che teneva banco fino a pochi giorni fa, è stato negli ultimi oscurato dallo scontro intorno allo sciopero proclamato da Cgil e Uil per domani 17 novembre e contrastato dal Governo. Diritto allo sciopero e Costituzione sono temi profondamente legati?

«Lo sciopero era diritto negato durante il Ventennio fascista e questo vale per molti dei diritti che al Costituzione riconosce. E quando li riconosce a chi li attribuisce? I diritti costituzionali sono per i deboli, non per i forti. In questo caso i deboli sono i lavoratori rispetto ai datori di lavoro. I diritti costituzionali, anche e forse soprattutto il diritto di sciopero andrebbero applicati al meglio della loro capacità espansiva. Mentre qui accade di assistere a una applicazione al ribasso».

Che opinione ha della proposta di riforma in senso presidenziale della Costituzione avanzata dal governo Meloni?

«Io non ho paura del fascismo ma dello sfascismo. L’elezione diretta è prevista in molti sistemi democratici, gli americani ce l’hanno da due secoli e mezzo. Il punto è altro, anche se questa riforma coinvolge pochi, 4 articoli della Costituzione, rispetto ad altre riforme – quella di Berlusconi travolgeva 55 articoli, quella di Renzi 47 – e questa invece è un intervento minimale dal punto di vista testuale, il che quindi renderà anche più semplice il referendum che probabilmente seguirà all’approvazione, se verrà approvata. E però c’è un non detto che conta più del detto: quando tu innervi di una legittimazione popolare e quindi di un forte potere politico un organo, gli altri dimagriscono. E allora dovresti compensare, perché altrimenti il sistema è squilibrato. Questo non avviene. Una riforma che nasce con un culto religioso del potere e non si preoccupa dei contropoteri. Non è una critica all’elezione diretta in sé e pe sé di chi ha le chiavi del governo, si chiami Presidente della Repubblica, del Consiglio o Franco Maria Giovanni, ma all’equilibrio del sistema. Bisognerebbe aggiungere altra carne al fuoco per sistemare questo equilibrio».

Da decenni quasi ogni governo si è posto ad un certo punto il tema di come cambiare la Costituzione per sistemare i problemi del Paese. Si cambia la macchina ma a bordo i passeggeri restano gli stessi, cittadini e classe politica. È così urgente cambiare la Costituzione?

«Intanto per molte parti andrebbe applicata e ancora non lo è. Ad esempio l’articolo che precede quello relativo diritto di sciopero prevede, quanto alle organizzazioni sindacali, che i sindacati siano registrati. E non è mai avvenuto, perché i sindacati si sono opposti a qualsiasi forma di controllo. Molte delle colpe che vengono addossate alla Costituzione sono in realtà inefficienze della politica e dei partiti, pace all’anima loro, perché non ci sono più. Questo non significa che sia un tabù intervenire su una riforma costituzionale. E si interviene. È stata ad esempio da poco, nel silenzio generale, approvata una correzione per dire che lo sport fa bene alla salute. Quindi potremmo aggiungere che gli italiani amano la mamma e la pastasciutta. Bisogna sempre calibrare gli interventi. Poi se una Costituzione è viva, come tutti i vivi ogni tanto ha bisogno del dottore e degli interventi si possono fare. Il guaio è che in 75 anni per lo più sono stati peggiorativi».