HILVERSUM (Olanda) – «Esportiamo teste e importiamo piedi». È ciò che direbbe un comico scrutando i tanti giovani laureati che se ne vanno dall’Italia e confrontando tale preoccupante fenomeno con gli innumerevoli calciatori provenienti da ogni parte del mondo (a scapito dei nostrani vivai). Ma c’è ben poco da ridere. I numeri del cosiddetto “brain drain” (o “cervelli in fuga”) sono effettivamente impietosi: il saldo tra ricercatori usciti ed arrivati nel nostro Paese, tanto per citare una recente ricerca del Cnr, fa registrare un allarmante -13%, l’unico negativo in Europa. Del resto, specifica sempre il report, il nostro mercato del lavoro non è in grado di assorbire nemmeno quelli usciti dalle Università. E chi sta fuori difficilmente vuole tornare. Francesca Longo Giordani, nativa di Cupramontana, è certamente fra questi. Dal 2005 vive con la sua famiglia – il marito Luca e i figli Alessandro e Linda – a Hilversum, una cittadina a 30 km da Amsterdam. Si è laureata a Milano in Lettere Moderne e ora coordina la logistica di una importante azienda che sviluppa e produce prodotti per la mobilità.
Francesca, perché hai deciso di trasferirti in Olanda?
«Con mio marito, che ai tempi era il mio fidanzato, volevamo vivere una nuova avventura. Non avevamo necessità di partire, potevamo tranquillamente restare in Italia e trovare un’occupazione, avevamo alcune possibilità. L’Olanda era un paese in cui avevo passato una bellissima estate subito dopo la maturità, desideravo ripetere l’esperienza. Così, un bel giorno, Luca, mio marito, mi ha chiesto: “Perché non andiamo?” Pochi mesi dopo siamo partiti».
Il bello e il brutto di vivere all’estero?
«Vivere all’estero è estremamente stimolante. Per quanto mi riguarda vivere in Olanda significa vivere in un ambiente internazionale, multilingue e multiculturale, l’aspetto che mi piace di più di questo paese che amo, e sono felice che i miei figli possano crescere con una visione così aperta del mondo: almeno, è quello che auguro loro. L’autonomia anche familiare è totale, la disoccupazione è più volontaria che subita. Essendo madre di 2 bambini mi rendo conto del vantaggio di poter scegliere di lavorare part time (4 giorni a settimana per un totale di 32 ore) senza sentirmi discriminata, e dei numerosi vantaggi che il welfare olandese offre alle famiglie con bambini. Dall’altra parte manca ovviamente la presenza della famiglia, l’autonomia totale a volte significa fare tutto da soli in qualsiasi circostanza. Inoltre si ha quella strana sensazione che non ti fa sentire né italiano né olandese. Ma non sono ancora sicura se questo sia un pro o un contro».
Come appare l’Italia da lassù?
«L’Italia è un paese bellissimo, ancora oggi quando gli olandesi con gli occhi sgranati mi chiedono come ci sia venuto in mente di andarcene non trovo argomenti che li convincano. Tuttavia vedo nell’Italia un paese che non ha il coraggio di fare il grande passo, sganciandosi da zavorre che non le permettono di diventare il grande paese europeo che dovrebbe essere. Non mi riferisco alla politica, che reputo una conseguenza di ciò, ma alla mentalità, la ristrettezza di vedute, la tendenza a scegliere la strada più breve, le furberie, soprattutto un senso di integrità che sembra farsi vivo solo al confessionale. Forse ho fatto un piccolo elenco di cliché, ma mi dispiace pensare che molti miei coetanei, oggi, in Italia, non abbiano la possibilità, o la volontà di credere in un sogno. L’Italia da qui mi sembra un paese vecchio, mi sembra uno di quei giovani che preferiscono stare in casa con mamma e papà a guardare la tv piuttosto che uscire a divertirsi con gli amici».
Cosa cambieresti del tuo Paese?
«Cambierei l’approccio alla vita, cambierei quel desiderio di certezze assolute, la necessità di trovare tutto a portata di mano, cambierei l’accontentarsi di quello che c’è pur di non fare uno sforzo in più, la cultura del favore, della raccomandazione sconsiderata. Il do ut des con l’occhiolino».
Dunque, non torneresti?
«No perché in Olanda mi sento a casa e in questo momento non sentiamo il desiderio di cambiare. Forse per la pensione? Mai dire mai».
Cosa consiglieresti a un indeciso italiano? Trasferirsi o restare?
«Daje, buttati. Ecco cosa gli/le direi. Si fa sempre in tempo a tornare indietro».