JESI – «Rispetto per Daniela Cesarini: si rischia di stravolgere senso e obiettivi delle sue ultime volontà». A intervenire sono amici e compagni dell’assessora scomparsa nel 2013, riuniti nel “Comitato eredità sociale per Daniela”.
Nel mirino le scelte del Comune per la Casa famiglia per disabili da realizzare con l’eredità Cesarini: i costi del progetto presentato, le criticità presentate dalla sede individuata nell’ex convento Giuseppine, l’impiego complessivo delle risorse del lascito. «A ciascuna eredità – dice il comitato facendo riferimento alla vicenda del lascito Morosetti – il suo destino».
«In questo preciso momento storico – scrive il Comitato – nella città di Jesi si sono manifestate due situazioni analoghe che hanno coinvolto l’Amministrazione e la cittadinanza, con finalità diverse. Da una parte un celebre disegnatore lascia alla sua città natale una cospicua eredità, previo spostamento della fontana delle leonesse, secondo una sensibilità di Novecentesca memoria ed il comune senza consultare la cittadinanza, per ottenere il lascito, ne esegue le Volontà. Dall’altra parte una cittadina – “sempre in prima linea nella difesa dei diritti primari” (così scrive il primo cittadino il 2 maggio 2013 nel suo messaggio di cordoglio) – designa il comune di Jesi erede universale al momento della sua morte. “Detta eredità dovrà essere impiegata nella realizzazione di una casa famiglia rivolta a disabili soli e a disabili che stanno in famiglie che non riescono più ad assisterli nel proprio domicilio” (dal testamento di Daniela Cesarini). In entrambi i casi l’amministrazione comunale si arroga il diritto di decidere per tutta la cittadinanza».
Ricorda il Comitato: «L’ultima vendita dei beni della ex assessora ai servizi sociali risale al 2018 per un ricavo complessivo di un milione e 15 mila euro. Il luogo individuato per la realizzazione della Casa-famiglia, sarebbe secondo l’amministrazione, il piano terra dell’ex convento Giuseppine in piazza Pergolesi, derivata dal progetto del piano di recupero di iniziativa privata. La spesa per questa struttura di circa 277 mq, viene approvata nel bilancio, dalla Giunta lo scorso 9 febbraio, per un ammontare di 600.000 euro circa. Inoltre il Comune intenderebbe impiegare il resto del lascito-Cesarini, per l’abbattimento di barriere architettoniche nelle scuole jesine. Ci opponiamo in modo netto ad una gestione così disinvolta e poco rispettosa delle ultime volontà che la nostra amica Daniela ha inteso rivolgere con generosità a Jesi e ai suoi cittadini più deboli, gestione finita in mano ad amministratori che rischiano di stravolgerne il senso e gli obiettivi».
Spiega il Comitato: «Nel testamento Daniela parla chiaro: “l’eredità dovrà comunque essere impiegata per servizi rivolti alle persone disabili o comunque per migliorare la loro integrazione sociale”. Pertanto riteniamo che l’intera eredità debba essere impiegata per una casa famiglia rispondente in pieno alle esigenze di ospiti disabili messi in grado di convivere in autonomia secondo le regole previste dalla legge. Ogni altro impiego sarà visto come una intollerabile forzatura. Non ultima la spropositata spesa di 600 mila euro per i soli 4 ospiti previsti, (ogni camera avrebbe un valore indicativo pari a 150 mila). Vorremmo che fosse reso pubblico un Piano Economico o un Computo metrico dell’intervento che possa giustificare una tale spesa per una struttura di 277 mq».
«Inoltre – prosegue la critica- siamo del tutto certi che Daniela dissentirebbe con l’idea di impiegare una parte della sua eredità, per eseguire lavori pubblici, a cui si dovrebbe di fatto provvedere con il bilancio comunale. Da ex amministratrice inorridirebbe. E nel caso il nostro appello non fosse ascoltato vorremmo che almeno fosse pubblico, l’elenco delle opere che dovrebbero fruire di questo lascito, per sapere dove questi soldi verranno dirottati».
Vengono ricordare le criticità che già Onlus Daniela Cesarini e Aniep avevano evidenziate per le Giuseppine: «Spazi insufficienti per una mobilità accettabile di carrozzine, specie nei corridoi e in cucina; eccessiva pendenza delle rampe, che non possono essere superate autonomamente da un disabile; zona spazi comuni non adeguata alla presenza contemporanea dei 4 ospiti previsti; un solo bagno previsto nella prossimità delle camere di 3 ospiti, mentre l’altra camera posta dall’altra parte dell’immobile ne ha uno praticamente esclusivo; porzione della struttura, collegata all’uscita da un lungo e stretto corridoio e priva della necessaria uscita di sicurezza, vista la distanza dall’ingresso. Uscita di sicurezza che sembra sia irrealizzabile per vincolo della Soprintendenza sulla facciata, ma tale Vincolo però non impedisce di aprire e chiudere finestre a piacere sulla stessa; camere di assai anguste dimensioni e dalla forma molto irregolare, che comportano una faticosa e difficile fruibilità».
«Le osservazioni non sono state prese in considerazione dalla Giunta, che dice che potranno essere valutate in fase di sistemazione degli spazi interni. Chi acquisterebbe una casa senza prima accertarsi della sua facile (congrua) abitabilità e della rispondenza appieno alle proprie esigenze? La rispondenza della struttura al suo delicatissimo utilizzo va ponderata a monte e non a posteriori».
Secondo il Comitato: «Valutando anche da cittadini non esperti il progetto proposto dalla amministrazione comunale, risulta palese che tale intervento non possa ritenersi in nessun modo destinato a soggetti con gravi forme di disabilità. Tale struttura infatti, così come concepita, sembra chiaramente adatta a disabilità più lievi non rispondendo pienamente alla volontà di Daniela Cesarini. Dopo un iter di otto anni e con una simile e cospicua eredità, probabilmente si poteva (e doveva) aspirare ad una struttura più idonea in sintonia con le richieste e la sensibilità di Daniela. Anche qualora tale struttura venisse utilizzata da persone con disabilità ridotta, è chiaro come gli spazi non siano pienamente utilizzabili nemmeno in tale caso fermo restando l’esiguità degli ambienti: camere di ridotte superfici e ristrettezza delle aree comuni. Con occhi attenti e non politicizzati, si può serenamente affermare che questa non sia la “casa famiglia” immaginata e sognata per i disabili da Daniela Cesarini. Perché allora tanta insistenza su una struttura privata, avente spazi che potrebbero diventare accettabili solo dopo corpose e sostanziali modifiche all’interno di un complesso che in parte è anche sottoposto a vincolo della Soprintendenza? Quale il senso ultimo dietro una decisione così divisiva e che appare priva di senso logico?».
Conclude il Comitato: «L’ex convento “Giuseppine” risponde al desiderio di vicinanza al centro. Daniela scrive “preferibilmente” e sappiamo bene quanto fosse pienamente consapevole, per esperienza diretta, che l’autonomia di una persona con problemi di mobilità inizia in primis all’interno della propria casa dove, di norma, si trascorre gran parte del tempo. Sono nozioni di buon senso che tuttavia chi amministra non intende ascoltare. Ci domandiamo il perché di tanta supponenza. Rimaniamo disponibili ed aperti ad un confronto serio sulla struttura ipotizzata dall’amministrazione, ma rimaniamo fermi nel giudizio negativo rispetto all’intervento proposto che sembrerebbe più di origine speculativa immobiliare piuttosto che fatto nell’interesse della città e delle persone che vivono ogni giorno situazioni delicate e che hanno esigenze complesse per poter fruire degli spazi in piena autonomia come nei desideri di Daniela. Ogni altra strada sarà per noi considerata una violazione delle sue ultime volontà. Ogni Amministrazione non è chiamata per il suo mandato, a fare delle scelte rapide e definitive solo perché ha l’obbligo di “fare”, di decidere in ogni caso e di realizzare. Ogni Amministrazione deve portare avanti delle continue scelte ogni volta con cognizione di causa, con spirito di responsabilità collettiva, con la più ampia condivisione possibile nel rispetto del bene ultimo dei cittadini. Ancor più quando un singolo cittadino, decide di lasciare la sua eredità ed i sui beni post mortem a servizio esclusivo e totale della cittadinanza tutta. L’Amministrazione si dimostri per una volta umile e disponibile all’ascolto così come avrebbe voluto la nostra amica Daniela»