CERRETO D’ESI – Ha ucciso la moglie con 43 coltellate a Cerreto D’Esi, il Gip di Ancona, Francesca De Palma, ha negato il giudizio abbreviato a Franco Panariello, 56 anni, metalmeccanico. L’uomo è reo confesso per l’omicidio di Concetta Marruocco, 53 anni, infermiera. Il femminicidio è avvenuto il 14 ottobre 2023 mentre il marito, per l’accusa di maltrattamenti in famiglia, era già sottoposto a divieto di avvicinamento alla donna con tanto di braccialetto elettronico che quella notte però non ha suonato per avvisare la vittima quando Panariello è entrato con una copia delle chiavi sorprendendo la moglie nel sonno. Un mese prima, Marruocco aveva testimoniato nel processo per maltrattamenti a carico del marito: aveva detto di essere stata anche vittima di violenza sessuale e per questo il capo di imputazione per Panariello si era aggravato. A chiedere il rito abbreviato per l’omicidio è stato il legale dell’imputato, l’avvocato Ruggero Benvenuto, dopo la richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico ministero Paolo Gubinelli. La difesa aveva rilevato una questione di legittimità costituzionale perché i riti alternativi sarebbero ammessi in caso di divorzio dalla vittima e non in quelli di sola separazione. Ma, dopo una camera di consiglio durata una decina di minuti, il Gip ha respinto la richiesta di far accedere l’imputato al rito alternativo che prevede uno sconto di pena in caso di condanna. Panariello andrà, dunque, a processo con rito ordinario, davanti alla Corte di Assise. La prima udienza è stata fissata per il prossimo 21 giugno. Le accuse a suo carico sono omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e dalla minorata difesa (era notte e la moglie stava dormendo), per l’utilizzo dell’arma e per aver violato il divieto di avvicinamento per cui era gli era stato applicato il braccialetto elettronico.
Parti civili
Si sono costituiti come parti civili i figli della donna, la sorella, l’Associazione Artemisia di Fabriano e altre due associazioni di donne “Insieme a Marianna” e “I care We care APS”. «La costituzione della nostra Associazione come parte civile in questo processo ha una fortissima valenza, in quanto riconosce che il femminicidio e la violenza domestica non rappresentano solo una lesione dei diritti della donna, un fatto privato, né tantomeno sono un fatto di donne, ma costituiscono una profonda ferita per la società tutta, che, nel momento in cui non riconosce alla donna la dignità di persona ed in quanto tale viene fatta oggetto di discriminazioni e violenze, è collettivamente responsabile per l’eliminazione di quella cultura e di quegli stereotipi che ancora oggi minano l’autodeterminazione, la libertà, la vita delle donne ed il sereno sviluppo dei minori che in ambito familiare assistono alle violenze e ne subiscono le conseguenze in termini psicologici. Noi donne dell’Associazione Artemisia chiediamo quindi che venga fatta piena giustizia sia per Concetta sia per tutte le donne vittime di femminicidio. Continueremo con il nostro impegno a contrastare la violenza di genere anche attraverso l’opera di sensibilizzazione sul tema che stiamo portando avanti da oltre dieci anni. Accoglieremo e supporteremo ogni donna che ha bisogno», scrivono in una nota a firma dell’Associazione di Fabriano.