JESI – «Era il mio più grande tifoso ma non riusciva a vedere le mie gare di scherma. Si nascondeva dietro la prima colonna che trovava e da lì seguiva come poteva l’andamento degli assalti. Poi, se perdevo mi faceva comunque un regalo e se vincevo non mancava mai il suo “brava!“».
Annalisa Coltorti, campionessa jesina e ora preparatrice atletica, parla del padre Ferruccio, spentosi venerdì scorso nella propria abitazione all’età di 89 anni.
E la commozione ancora imbevuta del fresco dolore si stempera nel ricordo del genitore, dell’uomo. Un ricordo dolcissimo.
Ferruccio Coltorti era una cosa sola con la sua attività artigianale di tappezziere. Tutti lo conoscevano a Jesi e tutti conosceva. Anche perché da lui non si andava soltanto per comprare. Da lui si andava perché era come andare a trovare un amico, un parente, un gentiluomo. L’attività commerciale risale agli anni ’60 del secolo scorso ma una decina di anni fa il passaggio del testimone, in famiglia, con Annalisa e la sorella Lorella.
«Tutti sono venuti al suo funerale, lunedì scorso. Tutti quelli che lo conoscevano, che hanno lavorato con lui. Per loro era un maestro e un secondo padre».
Non tutto è stato “rose e fiori” nell’attività ma lui, Ferruccio, ricorda ancora Annalisa, «buttando una mano all’indietro, nel suo tipico gesto, diceva che i problemi bisogna lasciarseli alle spalle perché prima o poi si risolvevano. Ma ne ho viste di notti nelle quali dormiva davvero poco quando si facevano passi più grandi in seno all’attività».
«Oggi – spiega Lorella – non era più il suo tempo, è cambiato tutto. Per lui bastava la parola data e in molte circostanze non si preoccupava di quando avrebbe riscosso. Se riscuoteva, poi, perché ne ha fatti di regali…».
Famiglia e lavoro. Ma anche la generosità che contraddistingue le persone buone.
«Aiutava sempre i più deboli, chi aveva bisogno. Una volta – dice Annalisa – non sappiamo ancora come, ci siamo ritrovate in casa un “vu-cumprà“, un extracomunitario con i tappeti sulle spalle, tappeti che cercava di vendere. Mio padre lo aveva invitato a pranzare con noi».
Il pranzo e la cena. Il rito della famiglia unita. Non si iniziava mai se non si era tutti insieme. E senza televisione accesa.
«Una sana abitudine che abbiamo conservato anche nelle nostre famiglie. Si fa anche più tardi se non si è tutti insieme intorno alla tavola».
«Nostro padre, senza imposizioni e con un dialogo costante, ci ha trasmesso un grande senso della famiglia, il rispetto per gli altri, il non portare mai rancore e il non mollare mai».