JESI – La città di Jesi perde un tassello importante della sua storia sociale e di costume: ha chiuso i battenti lo storico negozio di fotografia di Flavio Giaccaglini in viale Trieste. Uno degli ultimi rimasti in città. La decisione, sofferta ma necessaria, arriva al culmine di una profonda riflessione dello stesso fotografo, maturata nel sostanziale cambio di ruolo del fotografo tradizionale e della fotografia, ora arrivata ai click di uno smartphone.
«Mi dispiace ma ormai è fatto – dice Flavio Giaccaglini – certo mi dispiace, ho aperto il negozio nel 1983 prima in via Colocci dove adesso c’è l’Arrotino, poi dal 1992 in viale Trieste. Le soddisfazioni più belle le ho avute proprio con la macchinetta in mano facendo ciò che amo di più, scattare fotografie».
L’amore per la fotografia in Giaccaglini nasce nel 1979, quando partecipa (classificandosi settimo) a un concorso indetto dalla Facoltà di Architettura di Firenze. Da all’ora continua a scattare, immortalare e trasforma la sua passione in lavoro. Diventa negli anni punto di riferimento per coppie, famiglie, amministratori locali e associazioni che lo vogliono in prima linea per immortalare i momenti più importanti. E così è per quarant’anni. Ora però qualcosa è cambiato, nella società, nelle persone e nel valore dato alle fotografie. «Questo lavoro oggi richiede troppi sacrifici anche economici – racconta ancora – il ruolo del fotografo è cambiato, nelle cerimonie e nella società. È tutto così social, veloce. Si scatta immortalando di tutto, dai piatti al bicchiere di vino. Ci sono i telefonini, poi si condivide, si posta. Ma non si stampa più e i ricordi si perdono».
Addio dunque alla suggestione della camera oscura, adesso gli scatti sono a raffica col cellulare, onnipresenti i filtri e i programmi per modificare la realtà. «Poi ci si sposa meno, e chi lo fa chiede meno servizi ai fotografi perché ci sono gli smartphone degli invitati con cui fare foto e filmati amatoriali – dice Giaccaglini – Un fotografo per stare al passo con i tempi deve essere al contempo un cameraman, un social media di sé stesso e degli altri, deve “pubblicizzarsi” su Facebook e Instagram. Un cambiamento troppo radicale per me. Per questo abbandono, anche se continuerò a scattare fotografie, la mia passione più grande». Dalla prima settimana di settembre il negozio di viale Trieste ha le serrande abbassate, come chiudere l’obiettivo di una macchina fotografica che per 40 anni ha catturato il meglio della vita di tanti e adesso smette. E se passi per viale Trieste, ti coglie l’amarezza, quella nostalgia delle cose belle che passano via veloci.