Jesi-Fabriano

Fondazione Carisj contro Banca d’Italia

Nuove iniziative legali della Cassa di Risparmio di Jesi per la vicenda Banca Marche, uno dei quattro istituti di credito messi in risoluzione nel novembre 2015 e nel cui crac è stato bruciato quasi l'intero patrimonio dell'ente ex proprietario

I vertici della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi (da sinistra: Tarantino, Bassotti, Mastri)

JESI – Nuove iniziative legali della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi per la vicenda Banca Marche, uno dei quattro istituti di credito messi in risoluzione nel novembre 2015 e nel cui crack è stato bruciato quasi l’intero patrimonio dell’ente ex proprietario. Dieci le azioni già intraprese in questi anni attraverso lo Studio Legale Antonio Mastri, una delle quali contro Banca d’Italia e Consob per omissioni e negligenze nella vigilanza.

Oggi, in conferenza stampa nella sede di Palazzo Bisaccioni a Jesi, il presidente Alfio Bassotti ha annunciato altre due iniziative. La prima, un esposto denuncia presentato il 4 settembre alle Procure della Repubblica ad Ancona e Roma: sotto accusa, 28 mesi di gestione commissariale di Banca d’Italia (dall’agosto 2013 alla dichiarazione di insolvenza) nel corso dei quali sarebbe stato «polverizzato circa 1 miliardo di patrimonio»; sotto accusa, in particolare, «la cura da cavallo degli accantonamenti sui crediti deteriorati, oltre i livelli di altre banche, ed inoltre la loro svalutazione al 17% al momento della risoluzione, anche in presenza di garanzie ipotecarie primarie per l’80% del loro valore».

Bassotti ha inoltre annunciato l’intenzione di presentare 70 pagine di dossier alla istituenda Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario: sotto accusa, il fatto che «alle 4 banche poste in liquidazione coatta amministrativa siano stati negati tutti i possibili interventi di salvataggio, mentre per altri sono stati concessi interventi di ogni tipo, compresi quelli pubblici e quelli garantiti dallo Stato».

Le nuove azioni legali annunciate oggi si aggiungono ad altre 10 iniziative tese a tutelare – ha spiegato il presidente – «l’onorabilità ed il patrimonio della Fondazione: tra queste, la costituzione di parte civile nei procedimenti penali contro ex amministratori ed ex manager indagati nel crack».

«Procediamo in serenità, senza scheletri nell’armadio; tra gli ex amministratori indagati non alcuno dei nostri soci attuali», ha commentato Bassotti, precisando in seguito che l’ex vicepresidente di Banca Marche, Tonino Perini,«non è più da tre anni nostro socio». Come noto, il nome di Perini compare tra le diciassette richieste di rinvio a giudizio per il crac miliardario della vecchia Banca Marche e della controllata Medioleasing, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta all’ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto. Fra gli ex vertici per i quali i pm chiedono il processo ci sono l’ex Dg di Bm Massimo Bianconi e gli ex presidenti Michele Ambrosini e Lauro Costa.

Nel nuovo esposto denuncia presentato il 4 settembre dalla Fondazione Carisj alla Procure di Ancona e di Roma, l’ente ex proprietario di Banca Marche chiede di valutare «eventuali ipotesi di reato penale nella gestione commissariale di Banca d’Italia e nel procedimento di liquidazione coatta amministrativa della banca».

Secondo il presidente Alfio Bassotti, «il bilancio del 2012 certificava quasi 1,3 miliardi di patrimonio, da cui occorre sottrarre i 233 milioni di perdita della semestrale 2013. Come è stato possibile che in 26 mesi di commissariamento e in due di amministrazione straordinaria, Banca d’Italia ed i suoi commissari siano riusciti a creare una situazione di vera catastrofe economica?». Per Bassotti, la Banca, «pur attraversando una situazione più critica per la concentrazione creditizia in favore del settore edilizio, in crisi, era allineata con banche di pari dimensioni in termini di copertura del credito problematico».

Sotto accusa, dunque, la «cura da cavallo in termini di accantonamento sul rischio del credito che, era chiaro, avrebbe portato la banca inesorabilmente verso la catastrofe. E così è stato: ben 43 mila famiglie di azionisti e obbligazionisti subordinati hanno assistito impotenti alla polverizzazione dei loro risparmi; quattro fondazioni bancarie, socie di riferimento, sono state azzerate nel loro patrimonio impegnato nella conferitaria: una debacle che ha visto in un colpo solo incenerirsi 600 milioni di risparmi, mettendo in ginocchio un’economia territoriale già in gravissime difficoltà».