Jesi-Fabriano

In fuga da Odessa alla ricerca della libertà, l’odissea di una famiglia di profughi ucraini ora a Jesi – VIDEO

Alcuni profughi ucraini scappati da Odessa sono stati ospitati da una famiglia di Jesi. Siamo andati a conoscere le loro storie

JESI – Sono stati costretti a scappare via dalla loro città, Odessa, bombardata dai russi. Hanno portato con sé i bambini e tanta paura. Una famiglia ucraina, composta da tre donne, un giovane uomo e quattro bambini piccoli, in fuga per la libertà, per la vita e per un futuro. Disperati per aver dovuto lasciare la loro casa e la loro terra, sono arrivati a Jesi nei giorni scorsi, ospiti di Donato D’Antonio e di sua moglie Ilona Bantus che li hanno accolti nella loro abitazione di via Colocci. Siamo andati a incontrarli, per conoscere la loro storia e raccogliere il loro appello per una nuova vita.
Grazie alla generosità di Donato e Ilona, che ci hanno aperto la porta di casa per permetterci di testimoniare la storia di questa famiglia ucraina, ora queste persone sono al sicuro. Ma il gruppo di profughi ha dovuto lasciare parte della famiglia a Odessa: un figlio ventenne e il marito di una delle donne scappate, che stanno combattendo per difendere la loro terra.

«Trascorreranno il tempo della quarantena da noi, almeno cinque giorni, poi se vogliono possono restare qui anche per riprendersi sia a livello psicologico che fisico – ci racconta Donato D’Antonio – parlano molto con mia moglie Ilona, dialogano in russo, possono sfogarsi. È inevitabile che a pranzo e cena i discorsi vadano a finire sempre lì… sulla guerra, come hanno vissuto quei giorni, la casa distrutta, il lavoro perso…per cinque giorni hanno atteso nascosti nei sotterranei del loro palazzo, che poi è stato bombardato».

Donato D’Antonio ha aperto le porte di casa sua a questa famiglia ucraina scappata da Odessa


A Odessa si combatte e si resiste. Centinaia di residenti della città portuale ucraina stanno cooperando per rafforzare le difese della città, mentre continuano i bombardamenti e cresce il terrore. «La vita prima dello scoppio della guerra era normale, come tutti gli altri, con un marito che andava a lavorare per mantenere la famiglia e si sentivano felici – racconta Oleksandra che culla in braccio la figlia appena nata– abbiamo impiegato un viaggio di sette giorni per arrivare in Italia dormendo nelle automobili, l’acqua bollente per fare il latte e le pappe ai bambini la prendevamo nei distributori di benzina al momento del rifornimento».
Da quell’inferno è riuscito a scappare un gruppo di profughi, tutti parenti tra loro. Tre donne, un uomo e quattro bambini di 9 e 6 anni, sei mesi e addirittura una neonata di appena 28 giorni. Con la disperazione negli occhi sono arrivati a Jesi. La famiglia D’Antonio sta provvedendo a dare ricovero e sostentamento ai profughi, la Caritas si è offerta di intervenire con un aiuto.

Oleksandra è scappata da Odessa per salvare sua figlia

«Queste persone non hanno più nulla – aggiunge Donato D’Antonio – finché resteranno qui hanno bisogno di un lavoro: Vadim è un giovane uomo volenteroso, ha 33 anni e si adatta a fare di tutto: ha le patenti A e B, cerca lavoro come operaio o autotrasportatore. Katerina, mamma di una delle due bimbe neonate, a Odessa era parrucchiera. Oleksandra potrebbe fare la badante. Hanno i figli piccoli cui assicurare un futuro, sono pronti a rimboccarsi le maniche».
La paura più grande adesso è quella del futuro, senza certezze e lontani dagli affetti. Col cuore che porterebbe a voler tornare laggiù, nella martoriata Ucraina, ma la certezza che là ormai niente sarà più come prima, prima di questo assurdo gioco di potere e morte.

Odessa, una delle abitazioni raggiunta da un proiettile che ha perforato un vetro