JESI – Se il giornalismo locale avesse un volto sarebbe senza dubbio quello di Stefano Brecciaroli. Conosciuto praticamente da tutti, da Pesaro ad Ascoli Piceno, il giornalista ha festeggiato tre giorni fa, mercoledì 7 ottobre, un traguardo molto importante: la pensione. Con lui, i colleghi di Tv Centro Marche, rete a cui ha legato indissolubilmente il suo nome e la sua carriera professionale. Sessantacinque anni, compiuti fra l’altro due giorni prima della pensione (5 ottobre), ha raccontato quotidianamente le Marche, cogliendone le peculiarità e descrivendone i cambiamenti. Sempre con sobrietà ed equilibrio, come ogni giornalista dovrebbe fare. Sia a telecamere accese che spente.
Classe 1955, Brecciaroli è nato in pieno centro storico a Jesi. Orfano di padre a soli dieci anni, ha frequentato le elementari in piazza Federico II, le medie all’Appannaggio, il liceo classico lungo il Corso e poi Scienze Politiche a Macerata. Dal 1983 è a Tv Centro Marche, due anni dopo – come prevede l’Ordine professionale – è arrivato il tesserino da giornalista. «Per conoscere i risultati dei vari campionati, all’inizio – ricorda -, telefonavamo ai bar della zona. Internet non c’era ancora».
Stefano Brecciaroli, una vita al servizio dell’informazione. Ora la meritata pensione, che effetto fa?
«Questi sono i primi giorni da pensionato, al momento non ho pensieri particolari – la risposta di Brecciaroli -. Continuo a percepirmi saldamente legato a questo lavoro, ai colleghi che corrono da mattina a sera. Mi sento ancora fortemente vincolato ai miei amici giornalisti, anche se sto iniziando a ragionare da cittadino, non più da professionista equidistante. Potrò permettermi di essere un po’ meno oggettivo, adesso».
Come è cambiato il giornalismo in questi anni?
«Di sicuro, tutto va tremendamente più veloce. Prima andavamo in cerca delle notizie, ora ce ne arrivano addosso una marea e dobbiamo essere bravi a verificarle ed approfondirle. Le fonti si sono moltiplicate, così come i temi da trattare. Abnorme, inoltre, è stato l’impatto dei social network. Discorso diverso per la comunicazione dei fatti, che a mio parere non è mutata più di tanto. La maggiore velocità delle notizie non ha influito, per fortuna, sull’oggettività nel raccontarle».
Quale sarà il futuro del giornalismo locale, anche alla luce degli “sconvolgimenti” tecnologici in atto?
«Ritengo che l’interesse su quanto avviene a livello territoriale non diminuirà mai. È vero, ci arrivano notizie da tutto il mondo ogni minuto, ma avremo sempre l’esigenza di sapere cosa succede nella nostra città e nella nostra regione. I social, a volte, anticipano tutti, ma spesso lo fanno soggettivamente. Dunque, non sempre sono attendibili. È la verifica del fatto che fa la differenza, e solo il giornalismo possiede tale competenza».
Quali sono i ricordi più piacevoli e gratificanti della sua carriera?
«È molto bello quando la gente mi riconosce per strada e mi dice che sono bravo. O meglio, che siamo bravi, perché nel giornalismo è la forza di squadra che produce la qualità».
C’è pure chi la riconosce, ma non dice nulla non essendo convinta sia proprio lei?
«È vero – sorride Brecciaroli -. E quando li sento, in genere, rispondo: “Sì, tranquilli, sono una persona normale».
Avrà anche ricordi meno belli, immagino…
«Questo lavoro ci obbliga spesso a confrontarci con vicende tristi, dove magari sono coinvolti i bambini. O le tragedie, la povertà. È sempre stato difficile farlo. Ho raccontato tanti terremoti, qui nelle Marche, e ogni volta è stato complesso. Sovente mi sono commosso di fronte a persone che hanno perso tutto, a ricostruzioni ferme al palo, all’assenza di prospettive. Ho cercato sempre, tuttavia, di fare il meglio che potevo».
E ci è riuscito. Aneddoti particolari?
«Infiniti, quanto spazio abbiamo? – chiede ironicamente Brecciaroli -. Diverse volte, in passato, siamo partiti per un servizio senza telecamera, e non c’erano gli smartphone a risolvere la situazione. Oppure i nastri a bobina che si incollavano con freddo e umidità e ti accorgevi solo alla fine di una partita della Jesina. O le persone convinte che lavorassi venti minuti al giorno, il tempo di annunciare le notizie in tv. Potrei continuare a oltranza…».
Rimpianti, invece?
«Sinceramente, pochi. Sono soddisfatto di quanto fatto. Forse potevo fare qualcosa in più, approfondire meglio qualche notizia. Ma, ripeto, il mio personale bilancio è tutto sommato positivo e devo dire di essere stato fortunato perché ho sempre potuto contare su ottimi colleghi, nonché belle persone».
E adesso?
«Francamente non ci ho ancora riflettuto. Difficilmente riuscirò a staccarmi completamente da questo ambito, probabilmente continuerò a restare nel giornalismo. E poi vorrei dedicarmi maggiormente al sociale. Ma non ho ancora elaborato alcuna “scaletta”».