JESI – Torture, bombardamenti dei centri abitati, le barbarie e l’assurdità dei campi di concentramento. Uomini, donne e bambini condannati a morte. Innocenti. Palazzo dei Convegni ospita la mostra fotografica “Una valigia piena di Memorie” in occasione della ricorrenza internazionale del Giorno della Memoria del 27 gennaio (l’esposizione è visitabile fino al 28 gennaio dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20).
Immagini strazianti, fotografie che parlano a noi più del cumulo di documenti trovati negli archivi delle SS, più dei racconti allucinanti fatti dai sopravvissuti. «Sono fotografie sulla Shoah, sui campi di sterminio, sulla guerra, ritrovate nella storica sezione di Via Roma “Martiri xx Giugno” – spiegano gli organizzatori -. Donate all’Anpi, restaurate, catalogate e riproposte esattamente come trenta anni fa: è questo infatti il tempo trascorso da quando il PCI organizzò questa mostra ai giardini pubblici di Viale Cavallotti. In una società che sta diventando sempre più retinica, assuefatti da immagini sempre più precise e virtuali, queste foto in bianco e nero sfocate, sbiadite dal tempo, hanno ancora la capacità di bucare gli
occhi e lo stomaco: ci parlano di dolore, di morte, di sterminio sistematico di milioni di persone, ma anche di profonda pietas, ed in alcuni casi di speranza». La Shoah, le vergognose leggi razziali, la persecuzione di ebrei e di tutte le altre minoranze etniche, i campi di sterminio, le umiliazioni, la prigionia, gli esprimenti sui corpi, la vita tenuta stretta con i denti: «I deportati sono stati tanti, per motivi politici, per dissidenza, e per le assurde ragioni di ogni regime dittatoriale, qualificate da una volontà di soppressione delle libertà individuali e senza alcun rispetto dei diritti umani – continua il comitato jesino dell’Anpi – Ricordiamo quindi il 27 gennaio, l’orrore assoluto, e ricordiamo senza distinguo perché la matrice è la stessa: l’odio, il disprezzo per il diverso, infine il disprezzo per l’Umanità che non appartiene a quella che si considera una “razza superiore”. Ricordiamo e facciamo conoscere, non solo perché c’è ancora chi nega, chi sottovaluta e dimentica ma per una Memoria non formale destinata a sopravvivere all’ingiuria del tempo che conservi nel futuro i fatti di un tragico ed oscuro periodo della storia d’ Europa, affinché simili tragedie non siano più consentite».