Jesi-Fabriano

Gli scatti di nudo di Amedeo Paradisi: «Esperienza intrigante»

Con tredici scatti di nudo, il fotografo jesino Amedeo Paradisi inaugura la Giornata del Contemporaneo a Jesi. Un progetto che inizia nelle spiagge nudiste e che incontra con Dino Pedriali

Una immagine scattata da Amedeo Paradisi
Una immagine scattata da Amedeo Paradisi

JESI – Dedicata al nudo la XIII Giornata del Contemporaneo organizzata da Amaci (Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani). A Jesi domani pomeriggio (14 ottobre) alle 18 il taglio del nastro con il fotografo Amedeo Paradisi.

Amedeo Paradisi fotografato da Dino Pedriali
Amedeo Paradisi fotografato da Dino Pedriali

Gli scatti del fotografo jesino, tredici complessivamente, sono custoditi all’Hemingway Cafè di Piazza delle Monnighette fino al prossimo 5 novembre. Una selezione di questi, quella più esplicita sarà invece al Magazzino d’Arte di Costa Mezzalancia domani e domenica 15, ed è vietata ai minori di 18 anni. “Corpi senza volti” è il titolo dell’esposizione.

Si tratta comunque di un unico progetto?
«Sì, potevano benissimo stare insieme perché non c’è niente di sconvolgente – spiega Paradisi – Forse così si crea più curiosità».

Come è nato questo lavoro sul nudo?
«Mi è passato tra le mani un libro su Sergio Romagnoli (l’ambientalista jesino a cui è intitolato il Cea, Centro di Esperienza Ambientale, di Ripa Bianca ucciso in circostanze misteriose in Africa nel 1994, ndr). Nell’ultima pagina c’era una bellissima foto di lui che correva nudo nella spiaggia di Portonovo: questa immagine mi ha colpito moltissimo e da lì è nata l’idea di portare avanti un progetto sul nudo».

Come si è svolto quindi, questo progetto?
«Ho frequentato spiagge nudiste delle Marche, dell’Emilia e del Lazio. Diciamo che qui è iniziato lo studio poi mi sono avvicinato ai soggetti e li ho fotografati in studio. Nelle spiagge nudiste ho vissuto un’esperienza molto forte, chiaramente mi sono dovuto mettere a nudo anche io. Quello che mi ha colpito di più è che in quella circostanza non ci sono più distinzioni sociali».

Nel frattempo hai conosciuto un altro fotografo che con il genere del nudo si è fatto notare dalla critica, Dino Pedriali.
«Sì, l’ho conosciuto ed è stata un’esperienza importante. Pedriali lavora con la pellicola, io ho svolto questo progetto in digitale, diversamente sarebbe stato troppo dispendioso a livello di energie».

Quale è stata la difficoltà di questo lavoro sul nudo? «Avvicinarmi e chiedere se potevo fotografare, è stata davvero un’esperienza forte. Nelle immagini non si vedono i volti, un modo per mantenere l’anonimato e mettere ancora di più in risalto il corpo. In mostra anche la foto di una donna nuda distesa su un divano della grandezza di un metro e 80 centimetri. Le donne, devo dire, sono state più reticenti nell’accettare ma le ho trovate più libere e disinvolte. Un genere che mi ha intrigato e che sicuramente porterò avanti».

Del suo lavoro il professor Francesco Geraci ha detto: «Il corpo senza volto, apparentemente spersonalizzato, assume in Amedeo Paradisi una centralità totalizzante e un riferimento assoluto non tanto di per sé ma in relazione con l’ambiente nel quale ora viene collocato. I “corpi” di Amedeo non indugiano ad un facile voyeurismo, ad una sensualità provocante, ad un’ambiguità di intenti tanto meno alla fotografia beefcake: è l’essenza umana quella che colpisce lo spettatore e in questo è da cogliere il profondo senso dell’ottimo lavoro di Amedeo Paradisi».

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