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Imesa nel mega trend dell’elettrificazione. Marco Achilli (Ceo): «Vediamo un futuro solido»

L'intervista all'amministratore delegato dell'azienda di Jesi. Obiettivi ambiziosi, 100 milioni di ricavi annui da raggiungere entro il 2030

Marco Achilli, Ceo Imesa

JESI – In Imesa Spa, la soddisfazione complessiva del personale è salita dal 62,5% di maggio 2024 al 76,8% di gennaio 2025, l’orgoglio di lavorare in questa azienda, ha raggiunto l’83,7% (+8,7 punti rispetto al 2024), e l’81,1% dei dipendenti sceglierebbe nuovamente di lavorarci se potesse tornare indietro. Sono i numeri di un sondaggio condotto internamente allo stabilimento jesino, sede di una delle realtà imprenditoriali marchigiane più importanti, tra i player europei delle costruzioni elettromeccaniche, e leader di mercato nella costruzione di quadri elettrici di media e bassa tensione soprattutto nel settore navale. Tutt’altri numeri di quando, solo pochi anni fa, in Imesa si respirava aria di crisi e cassa integrazione.

«Mi ricordo il pesante clima aziendale a giugno 2023 quando sono arrivato in Imesa, con tante persone impaurite, insoddisfatte e che volevano lasciare l’azienda, alcune lo hanno fatto. Nel percorso anche qualche decisione difficile. Ma ora questi numeri parlano chiaro – fa sapere l’amministratore delegato Marco Achilli – Imesa non è solo un’azienda, ma una comunità in cui le persone si riconoscono, si sentono valorizzate e vedono un futuro solido».

Cinquantasette anni, milanese, esperienze manageriali di alto profilo, Marco Achilli sta traghettando l’azienda della famiglia Schiavoni in un nuovo piano industriale con la riorganizzazione dei processi operativi, il rafforzamento della struttura direzionale, commerciale e tecnica e investimenti in digitalizzazione. E soprattutto nuovi finanziatori (Guber Banca e Tyche Bank), in grado di iniettare risorse per quasi 13milioni di euro finalizzate al completamento del piano di risanamento e al sostegno dello sviluppo della società. Attualmente Imesa naviga su fatturato consolidato di circa 30 milioni di euro, in crescita del 18,5% rispetto al 2023 ed ordini acquisiti superiori ai 40 milioni di euro; 130 sono i dipendenti, e la capacità produttiva è di circa 2000 scomparti all’anno.

Lo stabilimento Imesa Spa a Jesi
Lo stabilimento Imesa a Jesi

Achilli è un uomo molto attivo sui social, dove racconta l’azienda con lo stesso tono di voce franco e diretto che usa quando lo si incontra di persona. Non è un caso che da alcuni mesi, nel sito Imesa, sia apparso un blog che racconta le storie di lavoratrici e lavoratori di ogni comparto. La comunicazione è costante ma non superflua, fortemente orientata al miglioramento e centrata su obiettivi ambiziosi. Quelli da raggiungere nel 2030 li ha stampati su grandi pannelli affissi in tutta l’azienda: ricavi a 100 milioni di euro, indicatori di performance e liquidità in salute come Ebidta a € 17 milioni (17%), Ebit a € 15 milioni (15%) e Posizione Finanziaria Netta inferiore a 0. Gli obiettivi di impatto ambientale, sociale e di governance sono altrettanto ambiziosi: emissioni nette zero di gas serra in atmosfera, 100% di energia rinnovabile, un ambiente di lavoro attento alle diversità (30% diversity), zero incidenti sul lavoro, 99% di ordini consegnati in tempo alla clientela, 90% di soddisfazione dei dipendenti. Tra i pannelli ci sono pure quelli dedicati ai “campi da gioco”, ovvero ai mercati attuali (navale, off-shore, oil & gas, energia e rinnovabili) e a quelli su cui puntare per il futuro (data center, manifatturiero con aziende che realizzano prodotti a marchio proprio, settore alimentare, farmaceutica, chimica).

Marco Achilli, a che servono questi cartelli? Sono dovunque, come un mantra.

Marco Achilli, Ceo Imesa

«Qualsiasi buona strategia è fatta di obiettivi finanziari e di obiettivi più soft, come quello di cambiare la cultura aziendale, il modo di approcciare le cose per dare una spinta al cambiamento. Questo si può fare, a mio giudizio, solo mettendo al centro le persone. Infatti, in ogni cartello c’è scritto a chiare lettere “prima le persone”, e poi si legge il resto».

«Quando sono arrivato, nel 2023, ho trovato una situazione difficile finanziariamente ma basi solide, con una famiglia, quella degli Schiavoni, che mi ha dato fiducia e che ha fatto grandi sforzi per risanare l’azienda, e con personale molto preparato tecnicamente. Siamo ripartiti dalla costruzione di una nuova cultura aziendale basata sui team, sul dialogo, la collaborazione, la formazione e l’assunzione di responsabilità. Non è un percorso facile, ma sta iniziando a dare i suoi frutti. L’importante è che tutti abbiamo chiaro dove vogliamo arrivare, e come vogliamo arrivarci. Nei cartelli troviamo le risposte in poche righe, sempre davanti ai nostri occhi».

Ed il risanamento, a che punto è?

«A dicembre del 2024 abbiamo concluso molto positivamente la prima fase del progetto di rilancio e risanamento. Le basi erano solide e quindi siamo riusciti a farlo abbastanza velocemente, per la parte finanziaria ci è voluto un po’ di più ma ora possiamo lavorare con tranquillità e concentrarci sulle sfide».

L’obiettivo più sfidante?

«Se togliamo le multinazionali (ABB, Schneider Electric e Siemens), oggi Imesa è tra i primi produttori di quadri elettrici di potenza in Italia e in Europa. Vogliamo diventare il primo quadrista italiano e quindi ci siamo dati l’obiettivo dei 100 milioni di euro annui di fatturato entro il 2030. Stiamo crescendo: dopo aver chiuso il 2024 a quasi 30 milioni di euro di fatturato, stimiamo per il 2025 di raggiungere i 34 milioni. A livello di commesse, nel 2023 abbiamo chiuso con ordini per 29,5 milioni e 24,5 di fatturato. Nel 2024 abbiamo ricevuto ordini per 40 milioni. A livello commerciale il nostro approccio è ora molto più dinamico: andiamo a cercare clienti nuovi, e le commesse importanti sono tornate a crescere, non solo in Italia ma anche in paesi molto lontani».

Vedo, tra gli obiettivi 2030, anche la sostenibilità ambientale.

«Vogliamo crescere guardando alle persone, all’ambiente, alla comunità che ci ospita. Nel novembre 2024 è stato pubblicato il nostro primo bilancio di sostenibilità, lo facciamo perché facciamo tante cose da raccontare. Abbiamo deciso che una parte dei nostri utili verranno destinati a supportare, all’interno dell’azienda, iniziative legate all’ambiente e alla socialità, con un budget di 183.000 euro per l’ESG (Environmental, Social and Governance)».

Capitolo innovazione, cosa ha da dire Imesa?

«Siamo un’azienda che lavora su tecnologie già avviate ma che sa investire in ricerca e sviluppo, per mettere a punto prodotti capaci di coniugare sostenibilità e competitività. Il progetto più importante di quest’anno è un quadro di media attenzione secondaria SF6 free, cioè senza gas serra. C’è una normativa che entra in vigore dal primo gennaio del 2026 che obbliga a non utilizzare più questo gas, che è un clima alterante, 32 mila volte peggiore della CO2; così, abbiamo identificato una soluzione molto interessante per riuscire a eliminare il gas e ridurre i costi del prodotto, tutto questo mentre grossi player stanno utilizzando un’altra tecnologia che aumenterà i costi del prodotto».

«Cerchiamo di innovare anche dal punto di vista produttivo. La nostra attività è molto manuale, di assemblaggio o cablaggio dei quadri: abbiamo già aumentato la capacità produttiva della linea produttiva della Media Tensione Secondaria da 7 a 13 celle al giorno, l’idea è di arrivare a 30 celle al giorno con una nuova linea robotizzata. Avere una maggiore capacità produttiva ci consentirà di operare in un mercato in grossa crescita, quello della connessione alla rete elettrica e delle energie rinnovabili».

Il team Imesa

Di che tipi di quadri parliamo, quando si parla di mercato in crescita?

«Quadri in Media e a Bassa tensione. La grande fortuna, che ci aiuterà a raggiungere i 100 milioni di ricavi, è che stiamo già operando in un mercato che per i prossimi 10 anni è a grandissima crescita. Imesa è già nel mega trend dell’elettrificazione. Siamo già forti nel manifatturiero, navale/offshore, energetico e oil and gas, con clienti come, tra gli altri, Enel, Terna, Fincantieri, Eni e Saipem. Trend in crescita per i prossimi anni sono quelli delle navi militari, le piattaforme offshore, la conversione di navi in stazioni per il gas liquefatto. E poi c’è il settore della distribuzione dell’energia, i trend dei data center, dell’elettrificazione e così via, tutti in grande sviluppo».

Come va l’export?

«In senso stretto, l’incidenza del fatturato all’estero è del 25%, tuttavia lavorando con società di ingegneria italiane ci ritroviamo con commesse come quella da 11 milioni e mezzo con Saipem per una piattaforma petrolifera, la Scarabeo 5, che viene convertita da petrolio a gas, che sta in Cina e poi finirà in Congo. Forniamo Fincantieri, e le navi equipaggiate con i nostri prodotti le ritroviamo in giro per il mondo. Per questo abbiamo una grossa unità di persone impegnate nell’assistenza post-vendita, addirittura in Alaska, dove stanno le piattaforme, o nei porti a Singapore, quando le navi si fermano ed hanno bisogno di fare la manutenzione».

«L’idea è comunque di aumentare la percentuale di vendite all’estero, soprattutto in Europa e, selettivamente, qualche paese del Medio Oriente».

I dazi annunciati da Trump la spaventano?

«Per quanto ci riguarda, con gli Stati Uniti non abbiamo un problema di dazi, ma di normativa. Quella americana è diversa da quella europea, inoltre per i quadri elettrici il mercato è praticamente quasi tutto nelle mani delle multinazionali».