Jesi-Fabriano

«L’Italia sia per il mondo il primo Paese ad aver sconfitto la mafia»: a Jesi Maurizio de Lucia, il Procuratore che ha arrestato Messina Denaro

Nella Sala Maggiore di Palazzo della Signoria, ospite di “Leggere la Storia", il magistrato di Palermo che ha coordinato le indagini. «Cosa Nostra impoverita dalla reazione dello Stato, non si è riusciti a fare lo stesso con la Ndrangheta»

Da sinistra Marcello Ravveduto, Fulvio Cammarano, il sindaco Lorenzo Fiordelmondo e il Procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio de Lucia

JESI – «Nell’immaginario del mondo, l’Italia non deve più essere il Paese della mafia ma il Paese che la mafia, per primo, l’ha sconfitta». Così, nella Sala Maggiore di Palazzo della Signoria a Jesi, Maurizio de Lucia, Procuratore della Repubblica di Palermo, magistrato che ha coordinato le indagini sfociate nell’arresto del latitante Matteo Messina Denaro e ospite del primo dei tre appuntamenti di “Leggere la Storia. Incontri di Storia Contemporanea”, ciclo di conferenze di storia politica organizzato dal Comune di Jesi e arrivato alla 12esima edizione.

Da sinistra Marcello Ravveduto, Fulvio Cammarano e il Procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio de Lucia

De Lucia, nell’incontro di apertura del ciclo realizzato come sempre grazie al contributo di Fulvio Cammarano dell’Università di Bologna e di Riccardo Piccioni dell’Università di Macerata, ha dialogato sul tema “Mafia: verità storica e verità giudiziaria” con lo storico Marcello Ravveduto, ricercatore dell’Università di Salerno. Ma il magistrato ha anche parlato di attualità e prospettive della lotta al crimine organizzato e in particolare a Cosa Nostra. «C’è grande preoccupazione – ha detto De Lucia – perché in questi anni si è riusciti a impoverire fortemente Cosa Nostra ma altrettanto non si è riusciti a fare contro la Ndrangheta, un po’ per la struttura di questa seconda organizzazione e un po’ perché mentre Cosa Nostra era “distratta” dalla strategia stragista e eversiva, la Ndrangheta ha potuto prosperare col mercato della droga. Ed è a questo che la mafia siciliana tornerà se vuol tornare ricca, nessun altro mercato è a valore aggiunto più alto». E se nella ricostruzione di realtà e percezione del fenomeno mafia lo storico Ravveduto ha posto l’accento sul cambio di passo che nella sua narrazione pubblica hanno avuto, da fine anni ’70, magistratura e media, anche di questo ha parlato De Lucia. «Il rapporto coi media ha contato molto e molto anche nel male. Ma la pressione mediatica è enorme, io l’ho sperimentato una prima volta all’epoca, nel 2006, della cattura di Bernardo Provenzano. Eppure allora non c’era ancora l’attuale sviluppo del fenomeno social, con la sua fame frenetica di ogni dettaglio che ha seguito invece l’ultima cattura di Messina Denaro. Un fenomeno, quello della gestione dell’informazione, su cui confrontarsi».

Quanto alle riforme di giustizia e strumenti giudiziari alla vista, il procuratore di Palermo ha detto: «Per mia natura tendo sempre a diffidare e a pensare che è bene che le cose restino come stanno. Ma una cosa va detta e tenuta presente chiaramente: non esistono riforme a costo zero».

Accolti e salutati dal sindaco Lorenzo Fiordelmondo e dall’assessore alla cultura Luca Brecciaroli, Ravveduto e De Lucia si sono confrontati sulle differenze inevitabili fra realtà storica e realtà giudiziaria. «Io, come storico, devo ricostruire una realtà dei fatti dai documenti ma non sono obbligato a giudicare o a individuare una vittima e un colpevole».

Per De Lucia: «La verità processuale sulla mafia è arrivata per ultima dopo quella storica, se è vero che di mafia si parla in storia e sociologia dalla metà dell’800 ma che la parola mafia è entrata per la prima volta in un testo di legge a metà anni ’60 del secolo scorso e che solo nel 1982 con la legge Rognoni – La Torre è stato fissata la definizione giuridica della parola mafia. La mafia, da quando per la prima volta me ne sono occupato professionalmente a inizio anni ’90, è cambiata ma è cambiata perché è cambiata la reazione dello Stato. In questo senso c’è un prima e un dopo Falcone: Falcone il primo magistrato “investigatore” che indirizza le indagini della Polizia alla verifica delle dichiarazioni del pentito Buscetta; con Falcone il cambio di metodo che conduce al pool, da Falcone l’istituzione di strumenti come la Direzione Distrettuale Antimafia che garantiscono la continuità della investigazione mentre sino ad allora la mafia si era sempre fatta forte del detto “càlati juncu ca passa la china”: ora non può più aspettare che la piena dell’emergenza passi per poi rialzarsi».

Gli altri appuntamenti

Per l’edizione 2023 è stato scelto il titolo “Di fioretto e di sciabola. Storici a duello”, con la formula del confronto, del dialogo serrato tra due specialisti intorno a un argomento suscettibile di interpretazioni se non confliggenti certamente inquadrabili da prospettive interpretative diverse e articolate.

Oggi mercoledì 17 maggio su “Mani pulite” interverranno Marcello Flores, storico di lungo corso già docente all’Università di Siena e Andrea Marino, ricercatore dell’Università di Salerno, autore del saggio “L’imprevedibile 1992. Tangentopoli: rivoluzione morale o conflitto di potere?”. Ai due studiosi il compito di discutere intorno al tema “La repubblica della virtù: mani pulite tra moralizzazione ed epurazione”. Giovedì 18 si parla di Giuseppe Mazzini, “Terroristi o patrioti? Mazzini e la violenza politica al tempo del Risorgimento”, con Gian Luca Fruci dell’Università di Pisa e Pietro Finelli, direttore scientifico della Domus Mazziniana della stessa città toscana.

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