Jesi-Fabriano

Jesi, l’architetto Morgante e la pavimentazione del Corso: «Durerà 100 anni, non si può sbagliare»

Il progettista di Piazza Federico II torna a intervenire, questa volta rivolgendosi all'assessore Renzi: «Non si può imporre d'imperio in un luogo simbolo una sistemazione che ferisce i sentimenti di molti jesini»

Il nuovo Corso Matteotti (rendering)

JESI – «Questa pavimentazione durerà cento anni e non si può sbagliare». L’architetto Sergio Morgante torna a intervenire sulle critiche già espresse in merito alle scelte per la prossima ripavimentazione di Corso Matteotti, dove i lavori procedono.

Il progettista di piazza Federico II, che vive a Firenze ma resta molto legato a Jesi, aveva già scritto in merito una lettera a aperta a Sindaco, Giunta e consiglieri comunali. Oggi si rivolge all’assessore ai lavori pubblici Roberto Renzi, che aveva risposto in Consiglio alle sue affermazioni. «Ciao Roberto- si esprime Morgante- ho letto con dispiacere le tue risposte alle critiche che vi piovono addosso da più parti perché, invece di aprirvi democraticamente ai contributi e alle richieste della società civile, vi arroccate armati di fragili e inconsistenti argomenti e vi nascondete pateticamente dietro la Soprintendenza e anche dietro all’autorevole commissione di concorso (concorso di diciassette anni fa). Sono sgomento e allibito per la tua reazione piccata con venature autoritarie. Da quando in qua non si può, in un paese democratico criticare l’operato altrui?».

Prosegue Morgante nei passaggi della sua lunga lettera: «Ho indirizzato dapprima le mie critiche solo al Sindaco, senza far rumore, con l’intento di darvi una mano in privato, ma non mi avete aperto la porta, quindi avete poco da protestare. E passo alle argomentazioni e confutazioni sui casi specifici».

Lo stato della pavimentazione in alcuni punti di Piazza Pergolesi indicati da Vittorio Massaccesi

Sull’arenaria scelta per Piazza Pergolesi e Corso, scrive Morgante: «È una buona pietra per le pavimentazioni esterne, perché sull’arenaria non si scivola e non slittano le ruote anche quando piove. Granito e calcaree dure si levigano nel tempo e diventano molto scivolose. Lo sanno bene gli Jesini e gli anziani che su quei marciapiedi del Corso in pietra calcarea del Furlo sono spesso caduti rompendosi, ogni tanto, qualche anca». Quanto invece ai danneggiamenti di piazza Pergolesi, «Hai scritto- si rivolge Morgante a Renzi- “non ci sono dubbi sulla inadeguatezza del materiale” e ti riferisci, mi sembra, alle caratteristiche tecniche della pietra. Se lo dice un assessore ai lavori pubblici che è anche un ingegnere con una lunga esperienza e che si assume così esplicitamente la responsabilità, possiamo stare tranquilli. E poi c’è un capitolato e ci sarà stato un collaudo per piazza Pergolesi con allegati i certificati relativi. Non ho nulla da obbiettare. Però quelle ferite da skateboard non mi piacciono».

Morgante interviene poi su questioni tecniche come lo spessore delle lastre utilizzate, il colore e la dimensione delle stesse. «Non è per nulla esatto (per non dire che non è vero) – scrive Morgante a Renzi- quello che affermi “che lo spessore delle lastre è maggiore in città come Firenze. Ma perché poi al di sotto non sono presenti i sottofondi, si trova la terra”. Questo era vero quando c’erano carrozzelle e cavalli, ma molte strade sono state rifatte, e si continua a rifarle, con lastre nuove o vecchie, di recupero, sempre con sottofondo. Torno a dire sommessamente che quello spessore di 8 centimetri mi sembra esiguo, ma non posso e non voglio essere categorico perché non so cosa è previsto in progetto e non conosco nel dettaglio le caratteristiche della pietra».

Il cantiere su Corso Matteotti visto da Piazza Pergolesi

Quanto a questa, il professionista ricorda: «Dici che “la pietra è scelta di concerto con tutti”, affermazione che non mi sembra esatta perché c’è tanta gente che protesta. Forse gli Jesini non sono stati adeguatamente informati e coinvolti nelle scelte. L’arenaria è molto diffusa dall’Appennino Tosco Emiliano fino alla Basilicata; può essere grigia, grigio azzurra, ocra, come quella della nostra valle e perfino verdina. Forse se ne poteva usare una meno slavata e macchiata, ma a questo punto è difficile cambiare perché piazza Pergolesi è fatta. Ma quell’effetto “cartone sporco” è accentuato dalla perfezione della superficie, dalla monotonia delle lastre delle stesse dimensioni o molto simili, dai giunti stretti e quasi invisibili, dal leggero trattamento superficiale a bocciarda (così mi dicono e mi pare di vedere dalle foto e chiedo venia se non è vero). Lì in piazza Pergolesi ora c’è una superficie astratta, anemica e immateriale. Bisogna fare delle prove assessore e poi andare in piazza a fare i confronti. E se la carreggiata centrale – insisto – venisse realizzata con blocchetti di piccola pezzatura (ma sempre con tre larghezze diverse) verrebbe fuori un bel contrasto tra i due tipi che si valorizzerebbero a vicenda. Mi dicono che i blocchetti di arenaria ocra che avete impiegato per rifare piazza della Signoria (piazza Colocci, nda) sono nuovi, antichizzati artificialmente in centrifuga, non si distinguono dagli antichi, un buon risultato. Non so da quale cava provengono, ma ce ne sono in quantità e costano poco».

Quindi di nuovo il tema delle dimensioni delle lastre. «Non disapprovo l’uso delle grandi lastre, ma l’impiego esclusivo di grandi lastre. Il mio intento è concertare tradizione e modernità, è anche una mano tesa all’Amministrazione. Ora assessore, tu dici : “si passa dal blocchetto alla lastra quando si passa da una strada abituata al transito di mezzi di ogni genere alla progettazione di uno spazio pedonale”. Come spieghi allora che in questa città, Firenze, le strade sono pavimentate da qualche secolo, cioè da quando l’espressione “spazio pedonale” sarebbe risultata completamente priva di senso, con grandi lastre (e ci passavano sopra carrozze, carri trainati da buoi e intere mandrie) e invece a Roma, che è tutta pavimentata con sanpietrini, nessuno ha ancora pensato di ripavimentare le zone pedonali con grandi lastre e perfino piazza San Pietro è ancora miseramente e scandalosamente pavimentata con sanpietrini? Ascoltami assessore, non c’è alcuna evoluzione darviniana dal blocchetto alla lastra, è una teoria che non sta minimamente in piedi, c’è invece, ci deve essere, un uso intelligente dei materiali che non ha smarrito il senso del luogo e della storia anche nel fare contemporaneo e che non va dietro all’ultima moda delle riviste di architettura perché questa pavimentazione durerà cento anni e non si può sbagliare».

Conclude Morgante: «L’Amministrazione non può imporre d’imperio in un luogo – il Corso – ad elevato contenuto simbolico una sistemazione che ferisce i sentimenti di molti Jesini. Si consideri poi che molti non hanno capito bene come verrà quest’opera, lo capiranno quando ce l’avranno sotto i piedi, allora vedremo come va a finire. Si deve fare un’opera che rappresenta i cittadini e non i progettisti. L’Amministrazione faccia un salto in avanti, ci stupisca, esca dal palazzo e ascolti la gente, si può ancora cambiare».