JESI – Più che raddoppiate le famiglie aiutate dall’Emporio Solidale, mantenuti – rimodulandoli- i servizi mensa e centro d’ascolto. «Non siamo mai stati chiusi, anche se cambiando strategie. E la grande sinergia che c’è stata con enti, privati, associazionismo e soprattutto tantissimi singoli cittadini, ha mostrato una volta di più come nei momenti di più profonda crisi nasca e si rafforzi la solidarietà». Così Matteo Donati, operatore Caritas, nel fare il punto – con la “benedizione” d’apertura del direttore Marco D’Aurizio – sul lavoro svolto in questi mesi di emergenza sanitaria dalla struttura diocesana di viale Papa Giovanni XXIII.
A collaborare con la Caritas con il loro supporto in queste settimane sono stati 8 supermercati, 26 aziende, 2 ristoranti, 3 forni, 10 associazioni di volontariato e decine e decine di privati cittadini. Ad illustrare numeri e quotidianità dell’attività svolta ci sono, insieme a Donati, la referente per il progetto Emporio solidale Letizia Taccaliti e la referente del progetto servizio civile Mariangela Boiani. «Alle 68 famiglie che già aiutavamo con l’Emporio, se ne sono aggiunte altre 75 in seguito all’emergenza– spiegano- a questa vanno aggiunti i circa 80 pasti al giorno che, attraverso l’asporto, sono stati distribuiti dal servizio mensa, nonostante la chiusura dell’ingresso fisico agli ospiti. Conto in cui rientrano anche i 20-25 pasti per gli ospiti della Casa delle Genti dell’Asp, che date le restrizioni hanno visto prolungata in maniera straordinaria la loro permanenza, e quelli per le persone ospitate dal nostro servizio di seconda accoglienza».
Dice Taccaliti: «L’Emporio, in condizioni normali aperto due giorni la settimana, ha esteso la sua attività a tutto l’arco della settimana stessa, con la consegna della spesa a domicilio. Un servizio supportato dal filtro telefonico del Centro d’ascolto, che a sua volta ha adeguato il proprio lavoro ad esigenze e condizioni dell’emergenza, orientando chi chiamava su questioni d’urgenza come i buoni spesa. In aumento in queste settimane gli italiani che si rivolgono a noi: persone che non hanno visti rinnovati i propri contratti di lavoro precari o in difficoltà a causa dei ritardi nella erogazione della cassa integrazione». Per il 60% circa della chiamate al Centro d’ascolto Caritas, si trattava di persone che per la prima volta si rivolgevano alla struttura diocesana.
Boiani evidenzia: «Il contributo offerto, nel momento in cui da metà aprile hanno di nuovo potuto, dai 4 ragazzi fra i 18 e i 28 anni che svolgono qui il servizio civile: hanno consegnato la spesa a domicilio, ritirato eccedenze e donazioni dei supermercati, lavorato in sede».
Ne sono venuti anche il progetto “AiutachiAiuta”, percorso di formazione on line aperto a dirigenti, operatori e volontari delle Caritas diocesane e parrocchiali delle Marche e l’idea di «dedicare attenzione in futuro- dice Donati- ai dimenticati del covid, ovvero i carcerati».