JESI – Dalla Coppetella a Parò. Sono i confini est-ovest che – per ogni jesino – delimitano la città. Ma dal prossimo 4 marzo, uno dei due, quello che indica un locale e non un quartiere, non ci sarà più. Graziella David, titolare della storica attività di via Roma, ha deciso di abbassare le saracinesche per sempre. Ha ricevuto diverse offerte, da persone interessate a realizzare un nuovo bar, o anche una pizzeria, ma non se la sente di cedere quel pezzo importante della sua esistenza.
«Abbiamo rilevato questa attività dalle famiglie Gentili e Gramaccioni il 1 maggio del 1965 – ricorda la tenace Graziella, una vita dietro al bancone -. Assieme alla mia famiglia lo abbiamo con il tempo ampliato, introducendo nuovi servizi per la clientela. Avevamo persino pensato di cambiare il nome, bar Garden lo volevamo chiamare, ma a suo tempo ci sconsigliarono di farlo visto che per tutti era Parò. Così è rimasto. Ho messo il cuore qui dentro, ho sempre fatto del mio meglio, grazie ai miei genitori e a mio marito Sauro, scomparso purtroppo qualche anno fa a causa del diabete. Ora mi aiuta mia figlia Fabiola Bernardini e Pamela, una ragazza brava e volenterosa giù da un po’ con noi».
Sfogliare l’album dei ricordi di Parò è praticamente impossibile. Tutti, almeno una volta, ci sono passati. «Ho sempre lavorato oltre 15 ore al giorno, questo luogo è stata la mia vita. Sto molto bene qui dentro, più che a casa – racconta ancora Graziella David -. Prima c’era una piccola osteriola, ora ci sono un bar, una ricevitoria, un negozio. È stato bello gestirlo e conoscere nuove persone. Non abbiamo mai avuto un debito con nessuno, il lavoro non ci è mai mancato. Abbiamo tanti amici, persone che magari hanno vinto con il lotto ma anche clienti abituali che stanno provando a convincerci di non chiudere. Fa molto piacere aver lasciato qualcosa di positivo».
La signora David, da oltre cinquanta anni al servizio dei clienti, ha ricevuto alcune offerte per il locale che segna il confine ovest di Jesi: «Abito qua sopra e vorrei continuare a starci – riferisce -. Quindi mi dispiacerebbe davvero tanto se dovessi poi dire, a coloro che hanno affrontato spese per la riqualificazione, di abbassare la musica o di fare meno rumore. Preferisco chiudere definitivamente questo luogo. Le vecchiette come me è meglio che si facciano da parte, ne ho bisogno, e la perdita di mio marito ha influito sicuramente. Mi dedicherò alla casa, al volontariato forse. Mi dedicherò a questo mio quartiere, rimasto quasi come un tempo».