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Jesi, ˊCoincidenze per Ofeliaˊ arriva a teatro. Il maestro Carlo Vitale: «Torniamo ad ascoltarci»

Arriva al Piccolo di Jesi lo spettacolo Coincidenze per Ofelia, con Victor Carlo Vitale e Mara Di Maio: «Ci siamo chiesti che cosa succederebbe qualora due persone si incontrassero, di notte, da soli, ad un binario della stazione, dopo aver perso la coincidenza per tornare a casa»

Una foto dello spettacolo (foto per gentile concessione di Vitale)

ANCONA – Arriva a teatro ˊCoincidenze per Ofeliaˊ, di e con Victor Carlo Vitale e Mara Di Maio. Una commedia amara che darà spazio al dialogo, inteso come strumento assoluto della relazione umana, come balsamo – insomma – per le ferite della vita. L’appuntamento è per il 19 ottobre (21.15) e 20 ottobre (17.30), al Piccolo di Jesi (produzione e organizzazione dell’associazione culturale Res Humamae a.p.s. Jesi – info a res.humanae@gmail.com o teatroilpiccolo@gmail.com).

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Di Maio e Vitale (foto per loro gentile concessione)

«Con Mara Di Maio – spiega Vitale, attore e regista – abbiamo cercato per più di un anno testi teatrali a due, leggendo di tutto, anche l’elenco telefonico. Ci siamo chiusi in biblioteche e letto davvero la qualunque, ci trovavamo però sempre davanti alle stesse tematiche, le stesse dinamiche di coppia tra marito e moglie. Cercavamo qualcosa di particolare, un testo che richiamasse l’oggi, la comunicazione. Così, ad ottobre dello scorso anno, abbiamo deciso di intraprendere la strada più complessa, scrivere».

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«Ci siamo chiesti che cosa succederebbe qualora due persone si incontrassero, di notte, da soli, ad un binario della stazione, dopo aver perso la coincidenza per tornare a casa e aver assistito allo spettacolo Amleto. Si è aperto un mondo, un oceano di quesiti che in realtà ancora oggi, a pochi giorni dal debutto in prima nazionale, ci stiamo ponendo. Ci siamo confessati l’un l’altro sulla nostra vita, sulle nostre scelte, i rapporti interpersonali, la famiglia. Le relazioni uomo-donna, la comunicazione, a volte l’impossibilità di avere la libertà di comunicare, di riuscire a dire e raccontarsi».

Maestro Vitale, da una parte Amleto, dall’altra Ofelia…

«Sì, in questa pièce, il mio personaggio si è sempre rispecchiato in Amleto. Il suo, invece, detesta Ofelia e le sue scelte. Un uomo ed una donna che con il pretesto di discutere sullo spettacolo appena visto, finiscono poi per confessarsi l’un l’altro aspettando questo un treno in ritardo. L’epilogo dell’incontro si rivelerà ben diverso dall’inizio. Un po’ di umorismo e molte riflessioni. Ci auguriamo che dopo lo spettacolo il pubblico si fermi qualche istante. Non per fare selfie, ma per discutere. Parlare è importante, è indispensabile».

Esistono davvero le coincidenze, o nella vita è già tutto scritto?

«Non ho certo la verità in tasca: di treni ne ho presi alcuni, molti ne ho persi o ho deciso di non prenderli, senza alcun rimpianto. Sono convinto che le coincidenze esistano, forse è il caso a non esserci, men che meno il destino. Dovremmo riconoscerle le coincidenze, facendo attenzione ai segnali che la vita ci propone. Avremmo l’obbligo di salire su quel treno, di non perdere le occasioni che in qualche modo ci procuriamo con la nostra energia e la voglia di vivere questa vita. Soprattutto oggi che il senso del precario è una conditio sine qua non».

In scena (foto per gentile concessione del regista)

Si riferisce al mestiere dell’attore?

«No, non sto parlando solo di questo. Pochi giorni fa ho chiesto al mio amico psicologo che cosa sia la ciclicità. Puoi riflettere sul qual è, se c’è, il tuo contributo a questa ciclicità con eventuali casuali. Il caso gira senza sosta».

Il dialogo viene qui definito come “balsamo per le ferite della vita”. Eppure, l’impressione è che al giorno d’oggi si tenda a parlare meno, ad essere sfuggenti, in preda a un individualismo che lascia poco spazio alla relazione con gli altri. Lei cosa ne pensa?

«Ci sono sempre meno persone che si preoccupano dell’altro. Cammini per le strade assieme a migliaia di persone e ti senti solo, cerchi sguardi e non ne incroci, in quanto troppo presi a pensare: cosa devo fare io per meglio apparire io? »

Ecco, l’apparire…

«Apparire più che essere. Noi attori abbiamo l’obbligo di parlare, di guardarci negli occhi, ma soprattutto di ascoltare la gente. Attraverso il teatro ci viene data l’opportunità di poterlo fare. Confessarci, lenire le ferite attraverso la parola, il gesto, l’espressività. È un dovere che dobbiamo assumerci noi osservatori delle vite altrui e della nostra. Siamo bravi voyeur. Si dice ˊi mediocri copiano, i creativi rubanoˊ».

Poi c’è il treno come metafora della vita. Quado ci troviamo a vagabondare sui binari della nostra quotidianità, il treno giusto è quello che passa per primo, o è forse meglio attenderlo di più il treno giusto, rischiando però che non passi? 

«Nel momento in cui prendiamo un treno, dobbiamo viaggiarci sopra. Sia che sia un treno ad alta velocità o che sia un treno merci, e viverlo con una energia positiva. Probabilmente non dovremmo aspettarci nulla. La vita è già un dono immenso, già solo esistere è una splendida opportunità per rendere piacevoli i momenti, attimi di esistenza. Non sono più giovanissimo ma ho ancora molte cose da dire e da fare. Forse sono meno frenetico di un tempo, l’energia però che impiego nel mio mestiere rimane sempre molto importante perché è l’amore per questo, che mi porta ogni giorno a combattere per continuare a vivere col mio lavoro. Se non lo ami, non puoi farlo e ogni giorno cerco di migliorare e migliorarmi non solo facendo l’attore ma come essere umano. Ho sempre sostenuto la tesi secondo la quale se cerco di migliorare me stesso, in qualche modo miglioro il mondo».