JESI – I “Commentarii de bello gallico” di Caio Giulio Cesare, uno dei classici dell’antichità con il racconto della conquista delle Gallie da parte delle legioni di Roma, diventa un’opera tutta nuova che, alla prima mondiale assoluta, andrà in scena domani sera 24 novembre al Teatro Pergolesi di Jesi (ore 20,30, oggi l’anteprima giovani, domenica 26 alle 16 la replica). Nicola Campogrande, che di “De bello gallico” ha composto la musica su libretto di Piero Bodrato, la definisce: «Un’opera buffa, ora ne sono convinto. Proprio perché i temi sono così importanti, così drammatici, dovevamo trovare un tono leggero, buffo per arrivare al pubblico»
“De bello gallico” è un’opera infatti che «attraverso la figura e le imprese di Giulio Cesare, affronta con tono leggero i meccanismi del potere, dell’autocelebrazione, della seduzione delle masse, della guerra. Tutti temi drammaticamente molto attuali». I Commentarii di Cesare sono, ricorda il librettista Piero Bodrato, «l’opera che celebra l’impresa del condottiero, nel linguaggio scarno del resoconto militare, ma è anche il testo che fonda la grandezza del futuro dictator perpetuus di Roma, personaggio storico tra i più famosi di tutti i tempi e purtroppo modello di molti futuri dittatori che si sarebbero affacciati al palcoscenico della storia».
Nuova produzione della Fondazione Pergolesi Spontini, e terzo titolo del cartellone della 56esima Stagione Lirica di Tradizione, il “De bello gallico” è diretto da Giulio Prandi, suona il Time Machine Ensemble, canta il Coro Universitario del Collegio Ghislieri, maestro del coro Luca Colombo. La regia è di Tommaso Franchin, le luci sono di Marco Scattolini. Scene e costumi sono affidate a Daniel Mall e Gabriele Adamo, i due studenti che hanno ottenuto una scrittura artistica in questa produzione in quanto vincitori della III edizione del Concorso dedicato a Josef Svoboda “Progettazione di Allestimento scene e costumi di Teatro Musicale” riservato a iscritti al Biennio di Specializzazione in Scenografia delle Accademie di Belle Arti di Macerata, Bologna, Venezia e Carrara.
Protagonista nel ruolo di Cesare è il baritono Giacomo Medici (Cesare), reduce da una felice tournée in Corea del Sud nel ruolo di Rigoletto e in Giappone come Alfio in Cavalleria Rusticana. Completano il cast due talenti dalla promettente carriera: il tenore Oronzo D’Urso, che canta nel doppio ruolo di Aulo Irzio/Vercingetorige, ed il soprano ucraino Nikoletta Hertsak nel ruolo della Figura Allegorica. Doppio ruolo ha anche il coro: le moltitudini dei legionari di Cesare (rappresentati dall’amata Decima Legione), infaticabili combattenti, sorprendenti ingeneri, militari disciplinatissimi e micidiali; e le moltitudini dei popoli della Gallia, sconfitti, umiliati e cancellati da Cesare.
«Far parlare la musica d’oggi, una sfida» e «vivere l’opera come una cosa che continua a nascere, teatro di innovazione. La lirica non è un museo» dicono Lucia Chiatti e Cristian Carrara, direttori amministrativi e artistici della Fondazione Pergolesi Spontini, nel raccontare il perché di un’opera nuova nel 2023. Si schermisce Campogrande: «Quando ti capita di dire alle persone che sei un compositore, ti senti rispondere “pensavo fossero tutti morti” o “sì, ma di lavoro vero cosa fai?”. Eppure scrivere e comporre musica non può essere dimenticato e deve continuare a raccontare la nostra vita». “De bello gallico” lo fa scegliendo tono leggero e metafora sportiva per temi umani e storici attualissimi. «Non vedrete – spiega il regista Franchin – toghe o Galli alla Asterix ma lottatori, boxeur. Si parla della nascita di un dittatore, di conquiste, di dominazione, di colonialismo, del sentimento di superiorità che anima chi sottomette. Raccontiamo Assedi e guerre come match decisivi, con una tribuna da cui si acclama o rovescia un campione, un leader».
Nell’opera, ci sono il Cesare della tradizione, il personaggio storico, l’uomo politico spregiudicato, che attraverso il racconto delle proprie imprese, sta costruendo la propria immagine e l’essere umano, vanitoso, intelligente, abile manipolatore, spietato. «Occasione da non perdere interpretarlo – spiega Medici – una sfida la cui complessità mi ha “piacevolmente terrorizzato” dal punto di vista artistico».