Jesi-Fabriano

Jesi, Elisa Di Francisca fra gli studenti-sportivi della Borsellino: «Ora vedrò che fare da grande, come voi!»

La campionessa olimpica, in attesa del secondo figlio, ha presenziato alla premiazione delle classi vincitrici del progetto "Jesi Tokyo passando per le città delle Olimpiadi" e risposto alle domande di alunne e alunni

Elisa Di Francisca, ultima a destra, insieme alle studentesse premiate della Borsellino

JESI – «Non so ancora che cosa farò da grande, un po’ come voi! Sto per dare a mio un figlio un fratellino, poi deciderò: tornare alla scherma o forse provare un altro lavoro. Avete qualche suggerimento?». Così, con la consueta simpatia, Elisa Di Francisca di fronte ad alunne e alunni della scuola media Borsellino (ex Savoia), una rappresentanza dei quali l’ha accolta per una mattinata speciale nelle aule della secondaria di primo grado di Corso Matteotti. Un appuntamento che è stato occasione per premiare le classi vincitrici del progetto “Jesi Tokyo passando per le città delle Olimpiadi” e di cui studentesse e studenti hanno approfittato per tempestare di domande la campionessa. Con una proposta finale per lei: «Perché non iniziare ad insegnare scherma?».

Elisa Di Francisca mostra le medaglie olimpiche ad alunne e alunni della Borsellino

«Non è detto che non lo faccia – la risposta della campionessa olimpica di Londra 2012 e argento ai Giochi di Rio nel 2016 – ma anche in quel caso occorre prepararsi bene e fare un lungo percorso. Non improvviserò neanche lì». In dolce attesa del secondo figlio suo e del marito Ivan Villa, che Elisa prevede di far nascere a Jesi nei primi giorni di maggio, Di Francisca è stata accolta dalla dirigente scolastica Sabrina Valentini e dall’insegnante Isabella Lelli che, insieme alle colleghe Laura Bigi e Silvia Ugortini, ha curato il progetto. A salutare l’atto finale dell’iniziativa anche l’assessore allo sport Ugo Coltorti.

Elisa Di Francisca, ultima a destra, insieme agli studenti premiati della Borsellino

«L’idea – ha spiegato la professoressa Lelli – è nata per cercare una maniera di affrontare l’insegnamento dell’educazione fisica e dell’attività motoria in tempo di lockdown e didattica a distanza, ispirandosi a esperienze messe in atto in altre parti d’Italia. La proposta ai ragazzi è stata di muoversi, camminare, fare attività all’aperto, accumulando virtualmente insieme, classe per classe, i 14 mila e 700 chilometri che dividono Jesi da Tokyo, città dei prossimi Giochi. Il chilometraggio veniva raddoppiato se questa attività veniva svolta in compagnia, coinvolgendo un fratello o un familiare. Abbiamo scandito il percorso in tappe attraverso le città olimpiche, da Atene a Roma, Pechino e così via. Alla fine vincente è risultata la 1° E, che di chilometri ne ha messi assieme 15 mila ma tutte le classi hanno risposto molto bene».

Da sinistra l’assessore Ugo Coltorti, la prof. Isabella Lelli, Elisa Di Francisca, la dirigente scolastica Sabrina Valentini

Ospite d’eccezione per la premiazione Elisa Di Francisca, che ha chiuso la mattinata mostrando a tutti – c’erano la classe vincitrice e una rappresentanza delle altre – le sue medaglie olimpiche e firmando autografi. «La prima volta che ho sognato di arrivare alle Olimpiadi – ha risposto Elisa alle domande – è stato nel 1992, quando in campeggio a Senigallia con la famiglia ho visto in tv Giovanna Trillini, che conoscete sicuramente (boato di approvazione da parte di tutti, nda), vincere ai Giochi di Barcellona. Lì mi sono detta che volevo arrivare lì anche io. Momenti brutti in cui ho pensato anche di arrendermi ce ne sono stati. Specie quando, ai tempi della scuola, non era facile far andare insieme gli allenamenti, le gare, lo studio e la voglia naturale che avevo di fare le cose che facevano tutti i miei compagni e compagne. Per un anno ho anche smesso ma poi sono sempre tornata a rimboccarmi le maniche e ad andare avanti».

Elisa ha ricordato la scelta della scherma a 7 anni – «uno sport diverso da tutti gli altri che mi è subito piaciuto e mi ha subito fatto legare con gli altri bambini incontrati in palestra» – e la figura del maestro Ezio Triccoli. «Pensate – ha detto la campionessa ai giovani della Borsellino – lui la scherma l’ha imparata in un campo di prigionia e grazie a questo si è salvato. Era un uomo autoritario e severo, specie con me che avevo un carattere particolare, ma che mi ha insegnato tanto per la scherma e per la vita. Non è un caso che nel nostro sport una figura come la sua si chiami non allenatore ma maestro, come a scuola, perché diventa la persona che ti guida e ti fa crescere».