JESI – Il referendum sullo spostamento della fontana dei Leoni è «una bugia». La presa di posizione dell’amministrazione Bacci sull’annosa vicenda cittadina non è passata inosservata, come era preventivabile.
Il Comitato Referendario torna a farsi sentire: «Non abbiamo mai sostenuto che si stiano raccogliendo firme per un referendum, bensì per una petizione popolare volta a dimostrare contrarietà all’accettazione da parte del Comune di Jesi del lascito Morosetti – si spiega -. Una petizione, insomma, per dimostrare che il Comitato è, sì, composto da 10 persone, ma che le motivazioni per le quali si è costituito sono condivise da tantissimi altri cittadine e cittadini di Jesi, probabilmente molti dei quali anche elettori dell’attuale maggioranza alle ultime elezioni amministrative. Di fatto, l’azione che il Comitato Referendario sta portando avanti, a proprie spese e dei sostenitori, persegue la finalità di consentire alle jesine ed agli jesini di esprimersi direttamente su una questione che l’Amministrazione, forse temendo un dissenso, ha evitato di proporre preventivamente alla cittadinanza nel momento in cui ve ne erano tutti i tempi ed i modi possibili. Entrando nel merito del ricorso al TAR avverso la bocciatura della proposta di referendum, il Comitato Referendario ribadisce che tale ricorso è stato presentato perché, dopo un attento approfondimento legale, si è valutato che le motivazioni addotte dal Comitato dei Garanti sono potenzialmente passibili di una revisione. Da questo punto di vista, qualora le argomentazioni del ricorso dovessero venire accolte e si potesse infine giungere ad una consultazione referendaria, il fatto che la stessa non possa avvenire prima di Settembre, a causa dell’emergenza epidemiologica in atto , non pregiudicherebbe in alcun modo l’obiettivo di consentire alla cittadinanza di potersi esprimere direttamente sulla questione del legato Morosetti, anche qualora l’Amministrazione Comunale abbia nel frattempo iniziato, o persino completato, lo spostamento della fontana in Piazza della Repubblica, con atti la cui opportunità dovrà essere ben giustificata di fronte alla cittadinanza jesina».
Prende posizione anche il segretario del Pd jesino, Stefano Bornigia, chiamato in causa proprio dall’amministrazione per la sua partecipazione al comitato. A detta del Comune, «è evidente il tentativo di stravolgere la volontà di un Consiglio comunale democraticamente eletto dai cittadini che ha compiuto una scelta precisa, pienamente legittima, assolutamente in linea con quanto da decenni auspicato dai più autorevoli storici locali, storici dell’arte e urbanisti e con l’avallo della stessa Soprintendenza dei beni culturali delle Marche che nel proprio parere ha ritenuto opportuno sottolineare come “la collocazione della fontana nella sede originaria sarebbe rilevante per la sua valorizzazione e per la compiutezza del suo interesse storico artistico».
«Il segretario del maggior partito della città vuole tutelare e rivendicare il diritto della città ad esprimersi – tuona Bornigia -. E nel caso di specie lo fa convintamente perché crede che l’identità di Jesi debba aderire a quella dei suoi cittadini, al netto dei privati desideri e nostalgie del passato. L’A.C. ha ritenuto che poteva fare a meno di conoscere la volontà dei cittadini Jesini e affidarsi al volere di pochi Consiglieri Comunali, noi crediamo che la scelta avrebbe dovuto essere diversa. Il Partito Democratico ha infatti deciso di supportare la protesta assolutamente autentica e spontanea che è sorta in città. Nulla di strano, né di antidemocratico. Si tratta semmai di ciò che è tipico della funzione della politica ma visto quanto sta accadendo, non ci aspettiamo di essere compresi da una maggioranza che oramai parla solo a sé stessa. Accusare, in ultimo, il comitato promotore del referendum di un atteggiamento antidemocratico, segna poi la degna ed incommentabile chiosa finale di un percorso tutto sbagliato, prodotto dall’attuale amministrazione comunale. Fin dall’inizio di questa vicenda è stato chiaro che la decisione era già presa. Tutto il percorso è stato fatto per arrivare a spostare la fontana senza nessun intralcio. Tanto meno senza che nessuna forma di consultazione potesse essere a disposizione dei cittadini Jesini. Il tutto accompagnato da un continuo arrampicarsi sugli specchi e con la formulazione di motivazioni, anzi giustificazioni, inconsistenti. Crediamo che non sia neanche accettabile concettualmente che un lontano cittadino benestante possa decidere per tutti, perché ha disponibilità economica, di sconvolgere l’aspetto di una città. Uno spostamento che riteniamo un tremendo errore di merito anche in ragione dell’alternativa di beneficenza, offerta dallo stesso testatore. Ma al di là di ciò siamo convinti che esista una ferita inferta alla città, nel metodo. È contro il mancato ascolto e contro l’arroganza che l’attuale maggioranza riserva al sano dissenso democratico, che molti cittadini di Jesi stanno manifestando, che il PD si schiera».