JESI – Non era presente fisicamente, ma col cuore sì. Il ct della Nazionale Roberto Mancini aveva già salutato per l’ultima volta l’amico d’infanzia Massimo Tramontana, scomparso il 29 agosto scorso a 60 anni a causa di una terribile malattia. La chiesa di Sant’Antonio Abate questa mattina, primo settembre, non è riuscita a contenere l’abbraccio di quanti lo amavano e hanno voluto così partecipare ai funerali. Per la famiglia Mancini erano presenti il babbo di Roberto, Aldo, con la sorella Stefania. C’era l’assessore allo Sport Ugo Coltorti, tantissimi gli amici in lacrime. Straziante il dolore del padre di Massimo, Marcello, che anni fa aveva prematuramente perso la moglie e che adesso si trova a piangere il dolore più grande, quello per la scomparsa del figlio.
A lui è andato il pensiero più commosso di tutti i presenti. «Quando si perde un genitore, ci si sente orfani – ha detto nella sua omelia il parroco don Andrea Coacci – quando muore un coniuge si è vedovi. Ma quando si perde un figlio, non ci sono parole adeguate. Non ci sono parole per descrivere la sofferenza di babbo Marcello oggi ma nel nostro cuore possiamo percepire che, se da una parte un genitore ha perso il figlio, dall’altro l’altro genitore lo ha ritrovato. Ora ci consola pensare che Massimo vive con Marisa, che si sono ritrovati. E penso che adesso potrà organizzare tanti ritiri agli angeli».
Il musicista Attilio Carducci, caro amico di Massimo, ha eseguito alcuni brani alla tromba durante la cerimonia poi, incaricato dagli amici di sempre – Massimo, Marino, Marcello, Francesco, Bruno, Fausto, Gianni….. e Roberto – ha letto un toccante messaggio di ricordo. «Purtroppo Roberto non ha potuto essere presente oggi, ma lo è con il cuore e con l’anima – ha detto – È stato l’ultimo a salutarlo domenica scorsa, con il dolore vivo e la pena addosso di chi sta perdendo una parte di sé stesso. Ed è un po’ come se quello fosse non solo il suo, ma l’ultimo saluto da parte di tutti. Ma il saluto a chi? Oggi stiamo salutando l’amico per eccellenza, una persona dal carattere esuberante e vulcanico, dalla vitalità contagiosa, che si è sempre speso generosamente per gli amici. Massimo era una persona intuitiva, spontanea e generosa».
Il quartiere Prato e i ricordi con Mancini
Poi una nota sul ricordo dell’amicizia storica con Roberto, nata nel quartiere Prato. «Quante ne hanno vissute di storie insieme, da quando erano “munelli” nella parrocchia di San Sebastiano di don Roberto – continua la lettera – Massimo spesso diceva divertito di aver fatto il Capitano di Roberto. Poi aggiungeva con un sorriso: “lui era un po’ più bravino però, solo un po’ eh”. E poi le innumerevoli trasferte per tutta Italia, per tutto il mondo, la condivisione di momenti irripetibili, di una gioventù vissuta sulle ali della vita. E la condivisione, appunto, di storie al limite del picaresco e di amicizie (altrettanto fantastiche e sincere), di cui Massimo diventava immediatamente fulcro ed anima. Massimo da sempre, e con persone di ogni estrazione e livello, era capace di instaurare immediatamente con estrema naturalezza una sintonia unica. Ogni tanto, magari durante i lunghi viaggi o a tavola, bastava chiedergli “com’era quella volta…”, che iniziava a snocciolare aneddoti ai limiti dell’incredibile…».
E nella lettera gli amici ricordano quando il presidente Clinton lo invitò personalmente alla Casa Bianca (Massimo gli aveva detto che entrambi avevano “gli stessi gusti”…) durante una cena della NIAF (North American Italian Foundation) a New York, oppure le cene sempre a New York in compagnia di Al Pacino. O le sue esperienze incredibili in Africa, dove per un anno circa fu ospite d’onore di un talk-show famosissimo in Guinea, nel quale Massimo faceva la parte del… “bianco”. Oppure quella volta in cui Gianni Agnelli lo invitò a sedersi in tribuna accanto a lui per vedere una partita insieme. «L’Avvocato così gli spiegò: “Vede caro, in questo stadio ci sono ottantamila persone, e tutti avrebbero voluto dirmi qualcosa, ma lei è l’unico che ne ha avuto il coraggio”. Cari amici, ecco una parola che descrive Massimo, il coraggio, che si esprimeva nelle situazioni più impensabili ed intricate. Amicizia, Coraggio, Generosità, dunque. Ce ne ho ancora due di parole: Esuberanza e Vitalità – dice ancora – certo, come chiunque, Massimo aveva i suoi difetti, le sue debolezze. Era incline a qualche debolezza, ed era veramente difficile per lui rinunciare a qualche tentazione: la buona tavola, le auto, le donne, l’eleganza… Ma soprattutto era il gusto della vita, della bellezza, una vitalità che si conciliava a perfezione con la sua generosità, con l’empatia, con il culto dell’Amicizia».
La mamma e l’amicizia
Su una cosa invece era molto riservato sempre, il suo rapporto con la mamma che ha perso giovanissimo. La stessa riservatezza, dignità e generosità con cui ha mantenuto il riserbo sulla sua malattia. «Aveva però una sua sensibilità religiosa, e un rapporto di perfetta e reciproca simbiosi con il padre – conclude Carducci – voglio raccontare un episodio recente. Già molto sofferente, Massimo ha raccolto le forze per andare a dare il suo augurio a Roberto a Bologna, in occasione dell’amichevole con La Repubblica Ceca. Ed in quell’occasione, quando ha visto gli amici della sua miglior gioventù, oltre a Roberto, Fausto Salsano, Attilio Lombardo, Giulio Nuciari e soprattutto Gianluca Vialli, non è riuscito a trattenere una forte commozione. In quella commozione del resto c’era tutta la sua vitalità e generosità, tutto ciò che lui era, c’era forse la sensazione inconscia di vedere tutti quegli amici per l’ultima volta, la premonizione di un commiato da quella parte di sé che vedeva riflessa negli sguardi degli amici. Ecco, quello probabilmente è stato una specie di addio anticipato alla vita: non erano le lacrime ed i singhiozzi di un uomo debole, ma di uno che per l’ennesima volta aveva fatto l’impossibile pur di salutare agli amici». Gli amici e i tantissimi presenti si sono stretti al babbo Marcello, alla moglie Rosa Maria Serini, ai cugini. La sepoltura al cimitero comunale di Jesi.