JESI – «Sacco e Vanzetti lottavano per un mondo che fosse migliore per tutti, erano punte della lotta del movimento operaio e per questo hanno pagato. Nel pensare all’idea di posizionare questa targa, ci siamo allora chiesti: sfruttamento, guerre, massacri sono problemi presenti ancora oggi?». Con queste parole Andres Lombardi, del Centro Studi Libertari anarchico “Luigi Fabbri” ha introdotto la breve e partecipata cerimonia con la quale, nella mattina del Primo Maggio, nei giardini delle ex carceri di Jesi, uno dei luoghi più caratteristici e amati del centro storico, intitolati ai due martiri anarchici Sacco e Vanzetti, è stata inaugurata la targa che ne ricorda le figure. Una targa sul posto era già presente fino a qualche anno fa ma, tolta con l’inizio dei lavori non ancora conclusi sul complesso appunto delle ex carceri, è scomparsa e se ne è persa traccia.
«Sacco e Vanzetti – ha detto l’assessore alla cultura e alla memoria storica del comune di Jesi, Luca Brecciaroli – erano perfetti capri espiatori, col loro impegno nelle lotte operaie e del movimento anarchico: lavoratori e immigrati. Rappresentano il simbolo delle vitime dell’ingiustizia, del razzismo, della intolleranza. Il ripristino di questa targa è un gesto piccolo ma concreto da parte di una città aperta, tollerante, unita sui valori fondamentali».
La cerimonia è poi proseguita col racconto drammatizzato, da parte di Tullio Bugari e Grazia Tiberi di Arci Voce, della strage di Portella della Ginestra, quando in Sicilia la banda del bandito Salvatore Giuliano, in un contesto mai definitivamente chiarito fino in fondo, aprì il fuoco sulla folla di lavoratori e famiglie in festa per il Primo Maggio. A chiudere prima del disvelamento della tara l’intervento di Vittorio Lannutti, sui tanti temi legati alla vicenda di Sacco e Vanzetti.
Ricorda il Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri”: «L’inaugurazione della targa dedicata dal Comune di Jesi a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti si tiene nei giardini che prendono il nome proprio dai due anarchici immigrati italiani, uccisi da innocenti sulla sedia elettrica a Boston nel 1927. I due, segnalati nelle schede di polizia per essersi rifiutati di arruolarsi nella Grande Guerra, vennero fermati nel 1920 quando Vanzetti l’indomani avrebbe dovuto tenere un comizio in favore di un altro anarchico, Andrea Salsedo, volato giù da una questura precorrendo la dinamica del caso Pinelli. Incastrati per un crimine che non avevano commesso e dopo 7 lunghi anni di un processo farsa, vennero giustiziati. Nel 2005 venne già apposta una epigrafe con la medesima dedica, andata perduta purtroppo durante i lavori di restauro dei locali dell ex carceri di Jesi, contigui ai giardini. L’inaugurazione è occasione per riconoscere l’impegno di una città che vede nella memoria storica una risorsa necessaria alla costruzione di un mondo che si allontani dai pregiudizi verso il diverso e dai venti di guerra che incombono prepotentemente nelle vite di tutti, in favore di una società libera e giusta perché fondata sull’uguaglianza delle diversità».