JESI – Urbanistica, Mobilità Sostenibile, Lavori Pubblici, Politiche per l’Edilizia Residenziale Pubblica e Housing Sociale. Sono le deleghe assegnate dal sindaco Lorenzo Fiordelmondo a Valeria Melappioni. «Funzioni palesemente complesse – ammette -, ma rispondenti ad una precisa logica di mandato: unitarietà e coerenza di approccio metodologico, in altri termini pensare la città come ad un organismo».
Quello di Valeria Melappioni sarà un assessorato “tecnico”. «La città ha bisogno di competenze, certamente, e servono le specializzazioni ma non da sole ed uniche – specifica l’assessore -. Serve l’analisi puntuale dei bisogni da usare come stimoli per trovare le soluzioni. Poi, i modelli teorici, le soluzioni devono essere condivise e sperimentate da tutta la collettività, insieme. A livello europeo, per esempio, esiste una visione su come la città dovrebbe cambiare per diventare più sostenibile, bella, giusta, a misura d’uomo: ma si tratta di una visione che rischia di cozzare contro una moltitudine di esigenze diverse, difficoltà, contro la routine, contro i conservatorismi della politica, dell’economia, ma anche di ognuno di noi, singolo cittadino. Per trovare un punto di incontro tra l’ideale pensato dagli esperti e l’esistente che rischia di tenere in ostaggio i nostri luoghi che sempre più devono confrontarsi con le incisive e attualissime condizioni ambientali e sociali, dobbiamo rompere alcuni schemi consolidati e questo lo si può fare con scelte politiche, chiare e nette. La tecnica da sola non è sufficiente, per questo il metodo collegiale della Giunta punta a una visione olistica della città, in cui trovino spazio le competenze ma in cui gli esperti possano vedere le opportunità offerte dall’interazioni con altri campi e sensibilità. Per questo serve un cambiamento basato su un approccio politico, con una visione precisa come espressa dal programma della coalizione “Jesi città futura”».
Visione e azione. «Ci sono poi le questioni legate al momento, agli imprevisti che emergono dalla quotidianità – evidenzia Valeria Melappioni -. Un lungo elenco. Mi limito alle prime emersioni: da un lato, per esempio, affrontare la complessità del PINQUA (Piano innovativo nazionale per la qualità dell’abitare) che è già impostato e che ha bisogno di essere gestito con cura e attenzione. E il ponte S. Carlo, il cui progetto è stato approvato e la procedura per l’affidamento dei lavori è in corso: qui siamo già impegnati a capire come ridurre al massimo i sicuri disagi per i cittadini. Dall’altro cercare di venire incontro alle quotidiane esigenze segnalate dai cittadini, dare risposte, cioè sistematizzare una cura ordinaria, in un’ottica di co-responsabilità e nell’idea di una città collaborativa. In questo è importante pensare o ripensare a come leggere la città, con il contributo fondamentale del mondo associativo, che può offrire da parte sua una lettura dei bisogni più aderente alle particolarità, alle differenze. In ambito più squisitamente tecnico, sarà necessario introdurre la logica del Concorso di Progettazione, ove possibile certo, per far sì che si possa dare vita a processi virtuosi di trasformazione del territorio, mantenendo alta una cultura ispirata ad una attenzione per il futuro della comunità. A ciò fa inevitabilmente da supporto il difendere e diffondere l’idea di una diversa idea del muoversi in e fuori città, in cui la mobilità dolce può diventare un mezzo di trasporto primario, e non subordinato, anche in una città come Jesi che presenta delle condizioni morfologiche complesse, e che diventi capace di soddisfare anche gli spostamenti sistematici casa-lavoro, casa-scuola, casa-servizi. Per questo bisognerà progettare e realizzare un sistema integrato di percorsi, parcheggi scambiatori, segnaletica, etc. in modo da far sì che ci si possa spostare in modo sicuro, specie per quanto riguarda bambini e persone fragili».
Ciò significa, in sintesi, rimarca ancora l’assessore all’Urbanistica, «pensare, progettare, mettere in atto azioni tese a realizzare una città come luogo policentrico, in cui ogni nodo – centrale o periferico che sia – mantenga la propria riconoscibilità ma al tempo stesso non ne sia penalizzato e possa entrare in relazione virtuosa con gli altri. Insomma, faccia comunità».