JESI – «Un sacerdote amato e stimato, un pastore che ha amato la Chiesa e soprattutto i giovani». Così il vescovo di Jesi, monsignor Gerardo Rocconi, nel suo messaggio di ricordo di don Attilio Pastori, morto ieri 14 dicembre all’età di 91 anni dopo essere stato per decenni un punto di riferimento, culturale oltre che religioso, della città.
«La notizia che don Attilio ci ha lasciati la conoscono tutti. Si è diffusa in un attimo. Segno di quanta stima e di quanto amore godesse – scrive il vescovo Rocconi – don Attilio, uomo di grande cultura, sacerdote dei giovani per tantissimo tempo, ha lasciato un segno profondo nella nostra Chiesa locale. E lo vogliamo ricordare così. Fino a pochissimi giorni prima di morire leggeva, conversava, scherzava e, come si diceva, “anche se le gambe non funzionavano più, la sua mente era lucidissima”: con i suoi 91 anni. Poi improvvisamente ha avuto un crollo. Sono andato a trovarlo la sera del 13 dicembre. Gli ho amministrato il sacramento della Santa Unzione. Non era proprio lucido. Comunque un barlume di consapevolezza dovrebbe averlo avuto: infatti mi ha preso la mano e l’ha baciata; più volte mi ha fatto segno di dargli la mano e all’inizio della preghiera si è fatto il segno della croce. Ma ho avuto la chiara sensazione che il tempo rimasto non fosse lungo».
«La notizia – prosegue monsignor Rocconi – è arrivata la mattina del 14 dicembre alle 11 mentre ero riunito con tutti i sacerdoti della diocesi per il ritiro spirituale di Avvento. Sappiamo bene che la vita è fatta per il paradiso e che pertanto è bene partire per la vita eterna e sapevamo anche che don Attilio ormai aveva fatto il suo percorso: eppure nel dare l’annuncio ho visto lo stupore dei sacerdoti: segno di un amore e di un rispetto di cui don Attilio era circondato. È stato un sacerdote importante per la nostra diocesi, un pastore che ha amato la Chiesa e soprattutto i giovani. Ora lo affidiamo al Signore, certi che il Signore accoglie nella sua gioia il suo servo fedele».
Di don Attilio, anche il ricordo di volontari e utenti della Biblioteca diocesana, per la cui creazione e vita il sacerdote era stato determinante. «È grazie alla sua lungimiranza e al suo impegno che la Biblioteca Petrucci è quello che è oggi è diventata. Ci è caro custodire la memoria di don Attilio innanzitutto nel ricordo di chi lo ha visto e ha collaborato con lui alla realizzazione dei primi ambienti ospitati nell’ex cinema Ripanti, di chi ha partecipato alle conferenze da lui organizzate con ospiti di altissimo livello che hanno fatto della nostra città uno stimatissimo laboratorio culturale e di idee, dei tanti docenti che credendo nel suo progetto si sono rimboccati le maniche collaborando per garantire quotidianamente l’apertura e la fruibilità dei servizi bibliotecari, ma anche, e soprattutto, dalle diverse migliaia di volumi che provengono dalla sua biblioteca personale e che ne testimoniano gli interessi, le sensibilità e le passioni, soprattutto in due sezioni particolarmente ricche che sono quelle relative alla filosofia e alla storia dell’arte».
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