Jesi-Fabriano

Jesi, le opere di William Congdon in mostra a Palazzo Bisaccioni per la Giornata della Memoria

Il pittore americano operò in qualità di ambulanziere dell’American Field Service nel terribile campo di concentramento di Bergen Belsen appena liberato dalle truppe inglesi

JESI – “In the death of One”: per la Giornata della Memoria, la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi Carisj ospita la mostra dell’artista inglese William Congdon. Un viaggio attraverso le due anime – quella della pittura e della scultura – che hanno caratterizzato la vita artistica di questo personaggio, profondamente segnato dall’esperienza come ambulanziere per l’American Field Service. La mostra, che apre i battenti oggi pomeriggio alle ore 18, è stata presentata in anteprima alla stampa alla presenza del segretario della Fondazione Carisj Mauro Tarantino e dei curatori Rodolfo Balzarotti e Francesco Gesti, dell’omonima “William Congdon Foundation”.
La mostra – che sarà visitabile nei locali di palazzo Bisaccioni fino al 19 febbraio – gode dei patrocini della Regione Marche, della Missione della Missione Diplomatica degli Stati Uniti in Italia, di Fondazione Intercultura e del Memoriale della Shoah di Milano. «Il nostro contributo alla memoria dell’Olocausto – dice Tarantino – con una mostra dal forte impatto emotivo che terremo fino a febbraio con orari assolutamente ampi per permettere alla cittadinanza di visitarla».

Da sinistra: Gesti, Tarantino e Balzarotti

La mostra William Congdon. In The Death of One. Artista e ambulanziere nell’inferno di Bergen-Belsen / maggio 1945, a cura di Rodolfo Balzarotti e Francesco Gesti, allestita presso il Memoriale della Shoah di Milano fino allo scorso marzo 2022, torna ora a Jesi a cavallo della ricorrenza annuale del 27 gennaio, Giornata della Memoria, per dare spazio alla testimonianza del celebre pittore americano William Congdon, che operò in qualità di ambulanziere dell’American Field Service nel terribile campo di concentramento di Bergen Belsen appena liberato dalle truppe inglesi.

«Tra la fine dell’aprile e la fine del maggio del 1945, infatti, William Congdon lavorò al recupero dei sopravvissuti del campo di concentramento di Bergen Belsen, assistendo in prima persona all’indicibile orrore dell’Olocausto – spiega il curatore Rodolfo Balzarotti, che ne fu amico per tanti anni – un’esperienza che lo segnò tanto in profondità da essere determinante nella sua decisione di dedicarsi alla pittura. Ai volti che vide Congdon tentò di dare una forma attraverso testi e schizzi raccolti in un diario, in seguito rielaborato in un dattiloscritto dal titolo “In the Death of One”, una sorta di memoriale delle sue campagne militari, che culminava, nell’ultima parte, in una serie di descrizioni di momenti e figure particolarmente strazianti del Campo di Belsen. Il testo, che rappresenta una preziosissima e rara documentazione dell’impatto che questo fenomeno inaudito ebbe sui primi soccorritori, e che l’artista avrebbe voluto vedere pubblicato insieme ai numerosi disegni eseguiti sul posto, rimase di fatto inedito, e lo è tutt’oggi, salvo alcune sezioni pubblicate di recente sulla rivista “Italian Poetry” della Columbia University».

Alcuni frammenti di questo diario vanno a comporre la parte multimediale della mostra, allestita nella seconda sala espositiva di Palazzo Bisaccioni, in una sorta di messa in scena in doppia lingua – inglese e italiano – che accompagna e descrive le opere esposte. «La mostra – prosegue Balzarotti – ha come filo conduttore proprio quest’opera di Congdon, di cui sono riportate alcune pagine originali, a cui si aggiungono una serie di disegni, di opere a olio, testi e documenti che testimoniano quest’esperienza di guerra».

Il percorso della mostra si articola attraverso un triplice apparato didattico-documentario: sulla biografia di William Congdon, sulla storia dell’American Field Service, nonché sul campo di concentramento di Bergen-Belsen (Bassa Sassonia) nei suoi tragici sviluppi tra il 1939 e il 1945. Seguono poi alcuni disegni originali eseguiti sul posto e altri presenti solo in riproduzione, a cui si aggiunge un bronzo realizzato prima della guerra insieme a un paio di dipinti degli anni successivi, a mostrare la rapida e radicale trasformazione dell’arte di Congdon dopo i traumatici eventi vissuti durante il conflitto. Due i sussidi multimediali fanno da corredo alla mostra: un video, come detto, in cui vengono lette alcune pagine del dattiloscritto In the Death of One, su un fondo di inquietanti flashes luminosi e sonori; e un brevissimo filmato muto realizzato sul posto da un ambulanziere dell’American Field Service, che riprende le opere di soccorso nel campo di Bergen-Belsen nel maggio del 1945.

«Il nostro obiettivo – conclude Balzarotti – con questa mostra è offrire al pubblico una testimonianza diretta, privilegiata per la sensibilità artistica, umana e letteraria, di un’esperienza terrificante. La sua testimonianza, di fronte all’orrore del campo di sterminio di Berger-Belsen, fu: «a Belsen ho visto il mio male», ammettendo dunque che quanto accadeva in quel campo di concentramento riguardava sé stesso e non poteva osservarlo, descriverlo banalizzandolo, altrimenti quegli orrori si sarebbero ripetuti. Ecco dunque, che quanto visto, vissuto, è diventato il motore anche della trasformazione artistica di questo pittore».
La mostra resta aperta dal 13 gennaio al 19 febbraio con orari: 9,30-13 e 15,30-19,30 tutti i giorni, ingresso libero.  

Una delle opere in mostra (immagini messe a disposizione da Fondazione Carisj)