JESI – Troppi pazienti Covid e posti letto insufficienti, così come insufficienti sono i medici e gli infermieri chiamati al fronte in questa battaglia che sembra essere senza fine. La fotografia dell’emergenza pandemica dalla trincea dell’ospedale “Carlo Urbani” di Jesi è allarmante: in tutto il nosocomio sono 105 i pazienti positivi al Covid-19, numero che cambia costantemente e che richiede una riorganizzazione intelligente e immediata dei servizi, altrimenti l’ospedale rischia il collasso. La direzione sanitaria così è corsa ai ripari e ha aperto la terza Covideria, ricavando dei posti letto in quello che era l’ex reparto di Ortopedia.
Il reparto di Ortopedia con posti letto riservati all’ortopedia chirurgica è stato spostato al quarto livello dell’ospedale insieme alla Chirurgia e all’Urologia, accorpando quindi le specialità chirurgiche “Covid free”. «Un espediente necessario che ci ha consentito di guadagnare ulteriori 15 posti letto per i pazienti positivi al Covid – spiega il dirigente del Pronto soccorso dottor Mario Caroli – ma contiamo di ricavarne altri e di arrivare ad averne a disposizione almeno 24. La riorganizzazione consente anche di avere a disposizione la competenza e il supporto del personale infermieristico dell’ex Ortopedia, senza chiedere ulteriori sacrifici a chi già è impegnato quotidianamente nelle altre due Coviderie. L’equilibrio resta comunque precario». Ieri all’ospedale di Jesi i pazienti positivi al Covid-19 erano complessivamente 105: 52 nelle Coviderie 1 e 2; 12 in terapia sub-intensiva; 13 in terapia intensiva cui vanno sommati i 15 pazienti nella terza Covideria e altri 12 che attendevano il ricovero in Pronto soccorso. E dei pazienti in attesa di posto letto in Pronto soccorso, 8 necessitavano dei caschi per la ventilazione non invasiva.
«La situazione è difficile ma stiamo facendo davvero il massimo – aggiunge la direttrice sanitaria dell’ospedale Carlo Urbani dottoressa Sonia Bacelli – ancora una volta il Carlo Urbani sta avendo un ruolo di primo piano nell’emergenza epidemiologica. All’inizio grazie alla collaborazione con le altre strutture sanitarie della regione abbiamo fronteggiato bene l’escalation di accessi di pazienti positivi, ma ora i posti sono tutti saturi e siamo stati costretti ad aprire un altro reparto Covid». E se i positivi sono 105, l’ospedale mantiene comunque i servizi essenziali per gli altri pazienti: 120 posti letto per le degenze ordinarie. «Sono garantiti – assicura la Bacelli – con l’abnegazione e il sacrificio di tutti, ma il Carlo Urbani non è, non sarà un Covid-Hospital. Siamo a disposizione degli altri pazienti per risolvere le loro problematiche, abbiamo creato percorsi e reparti separati».
Attualmente i pazienti positivi sono gestiti nelle Coviderie 1-2 e 3 (reparti ordinari) diretti dai dottori Marco Candela e Paolo Spinaci, nella Terapia semi-intensiva (con 12 posti letto) e nelle due Terapie intensive (con 15 posti letto). E purtroppo, tutti i posti letto sono occupati. «Da ottobre – specifica il dottor Marco Candela, direttore dei reparti Covid 1 e 3 – abbiamo ricoverato oltre 500 pazienti nelle Coviderie e terapia semi-intensiva. Nella prima ondata erano soprattutto anziani provenienti dalle Case di riposo della Vallesina e pazienti ultraottantenni della provincia, adesso si registra un afflusso di pazienti giovani con età media dai 40 ai 60 anni. E la provincia di Ancona ha fornito il 50% dei pazienti positivi di tutta la Regione. Ma attenzione, i pazienti non devono evitare di venire in ospedale per il terrore che non ci siano servizi idonei a curarli o peggio, per paura del contagio: le persone colpite da ictus, infarti, scompensi cardiaci, insufficienze respiratorie o pazienti oncologici non restino a casa. Continuiamo a erogare i servizi essenziali come le stroke unit, le unità intensive coronariche, il dipartimento materno-infantile, l’attività chirurgica d’urgenza e per pazienti neoplastici le degenze internistiche sono garantite».
«La situazione è preoccupante – ammette anche il dottor Paolo Spinaci, direttore della Coviderie 2 e terapia semintensiva – l’evoluzione del virus determina gli equilibri dei ricoveri, ma da parte nostra c’è massimo impegno. La Broncopneumologia è passata da 20 a 38 letti, poiché è quella maggiormente impegnata nella lotta al Covid. Di questi, 12 posti letto sono di terapia semi-intensiva con casco per la ventilazione non invasiva».
«Ci teniamo a sottolineare – continua la dottoressa Bacelli – che la nostra intenzione non è quella di diventare un Covid-hospital, anzi. Stiamo lavorando al massimo per restare un punto di riferimento per la sanità dell’Area vasta2, ma per tutti i pazienti anche quelli non contagiati da Covid. Proprio per dare risposte immediate e velocizzare il percorso diagnostico al pronto soccorso abbiamo istituito la “Guardia radiologica notturna” e notevole sforzo viene anche prodotto dal Laboratorio analisi, che processa tutti i tamponi di Jesi e della Vallesina oltre a garantire l’attività ospedaliera. Ma per tanto impegno, uno dei nodi critici del nostro ospedale come per tutta l’Av2 è la carenza di medici e infermieri. Sentiamo questo peso, grazie ai vaccini cui tutto il personale sanitario si è sottoposto siamo un po’ più al riparo da eventuali contagi rispetto alla prima ondata. Ma certamente lo sforzo fisico e psicologico cui il personale è chiamato è notevole». I numeri di questo grande lavoro sono noti ormai attraverso tutti i canali di informazione. La dottoressa Bacelli non può che ribadirli: oltre 500 ricoveri nelle Coviderie da ottobre con un’incidenza di 123 decessi e una media di ricoveri di 10 giorni per i pazienti meno gravi e di 20 giorni per quelli che necessitano del casco. «Non molliamo – conclude il dottor Candela – abbiamo allestito l’Ambulatorio integrato post-Covid e abbiamo visitato 200 persone da giugno a oggi. Abbiamo anche presentato il progetto (e Jesi è capofila nella Regione) del primo ambulatorio di somministrazione degli anticorpi monoclonali ai pazienti positivi. L’ambulatorio potrebbe essere allestito dentro una delle Coviderie. Siamo avanti e non molliamo».