JESI – Pd primo partito in città, con circa il 31% dei consensi, appena un paio di punti in più della Lega, al 28,8%. Quindi il Movimento 5 Stelle, al 17,7%. Questo è il quadro restituito dalle elezioni europee. A commentare i dati sono alcuni esponenti di maggioranza e opposizione, a partire dal presidente del consiglio comunale, Daniele Massaccesi, convinto che si tornerà ben presto alle urne.
«La vittoria di Lega e Fratelli d’Italia, il passato centrodestra non c’è più, sembra dovuta ad un approccio pratico e concreto ai problemi, e a un decisionismo che indubbiamente piace – sostiene Massaccesi -. Vi è una distanza fra il mondo reale, con i problemi del lavoro e di una crisi economica che colpisce tutti e con una preoccupazione per aspetti che, se gestiti in maniera incontrollata, fanno alzare il tasso di preoccupazione e di insofferenza dei cittadini, e certo mondo politico, che critica e giudica in modo sussiegoso ed a volte sprezzante, vantando una superiorità “auto-attribuitasi”, chi non ha la stessa idea, “criminalizzandolo” ed osteggiandolo, e spesso insultandolo. Il Movimento 5 Stelle non è stato premiato dalle urne: credo che, al di là di battaglie identitarie, e di un’avversione da parte dei “media”, non abbia pagato l’aggressività eccessiva mostrata verso l’alleato di governo, risultando ai più un atteggiamento incomprensibile. Il Pd sopravvive e pur tra mille divisioni ha un risultato discreto, riprendendosi un po’ dei voti andati in precedenza al Movimento 5 Stelle. Penso che si andrà presto alle urne, specie considerando l’attuale conflittualità fra i partners di governo e la spinta di Salvini su temi che li differenziano, e che per il Movimento 5 Stelle sono identitari, mettendolo di fronte ad un bivio».
Da sinistra, è Agnese Santarelli, esponente di Jesi in Comune, a dire la sua: «L’esito di queste elezioni europee è decisamente preoccupante – afferma la consigliera comunale -. Non solo e non tanto per il risultato assolutamente deludente della sinistra, che non è riuscita ad inchiodare le forze di governo alle loro enormi responsabilità e a rappresentare, quindi, un’alternativa credibile. Ma soprattutto per l’idea di Paese che ci consegna. Un paese in preda all’odio ed alla violenza, incapace di guardare al futuro e che si rifugia nell’uomo machista ed autoritario. C’è tanto da ricostruire, in termini sociali e culturali, prima ancora che politici. Io credo che bisognerà ripensare anche la comunicazione ed evitare di rincorrere sempre Salvini che, in questo modo, è l’unico a dettare l’agenda politica del Paese. Il lavoro che ci aspetta è difficilissimo, ma non possiamo arrenderci e sottrarci. Non a sinistra».
Non festeggia nemmeno Lorenzo Fiordelmondo, rappresentante del Pd in aula consiliare: «Il risultato elettorale,oltre a segnare i dati oggettivi dei numeri e dei consensi, obbliga anche ad un esame relativo a due questioni emerse, di rilievo – è il parere del consigliere democrat -. La lega si afferma in modo evidente ovunque ma non nelle grandi città. Nella rete metropolitana del nostro Paese si afferma il Pd. Credo sia un segnale di quello che è un fenomeno che sta caratterizzando il nostro tempo: la città metropolitana si muove in un tessuto identitario che oggi è diverso e più definito di quello nazionale. È un blocco diffuso, non disperso, che si muove secondo la logica della rete globale ed in essa definisce un suo tratto comune. È questa la linea di sviluppo civico sociale ed economico che si contrappone all’arroccamento del sovranismo.
Così come avvenuto in altre parti del mondo (vedi elezioni USA) si sta definendo anche in Europa e più nello specifico in Italia, uno spazio nuovo e molto importante del contradditorio politico odierno. Altro dato è che hanno vinto, o comunque tenuto, i partiti organizzati. Nei tempi della società liquida tornano a essere necessari dei punti di organizzazione e rappresentanza solidi. Si torna alla chiarezza della posizione di parte, premessa di un necessario. seppur aspro, dibattito politico. I numeri emersi, pertanto, scattano una foto molto nitida del presente ma proiettano anche dei temi nel futuro. Credo che alcuni processi siano inarrestabili e che le nuove generazioni siano sicuramente orientate sia ad una cultura identitaria globale e non sovranista, che a una posizione politica chiara e di parte. Elementi che il Pd credo abbia già iniziato a raccogliere e che se elaborati all’interno di una proposta, agganciata ai principi che ispirano la nostra posizione, potranno consegnargli un nuovo ruolo di governo, in un futuro non lontano».
Tommaso Cioncolini, consigliere di Jesinsieme, dunque di maggioranza, si chiede pertanto se esiste ancora un argine per frenare l’avanzata delle forze populiste. «Le elezioni europee – dice – hanno una dimensione continentale e una nazionale. Infatti, se da un lato decidono gli equilibri politici nel Parlamento di Strasburgo, dall’altro rimodulano indirettamente anche i rapporti di forza all’interno dell’area di governo. In questo scenario l’Italia dimostra di essere un mondo a parte rispetto al resto d’Europa; complessivamente, mentre in tutti i Paesi membri i partiti popolari, socialisti e liberali sono riusciti ad esprimere una solida maggioranza (435 seggi su 751), in Italia è cambiato tutto con la vittoria dei cosiddetti partiti sovranisti. Addirittura, per trovare un caso analogo al nostro bisogna volgere lo sguardo verso Est. In Italia, com’è noto, il vero vincitore di questa tornata elettorale è Matteo Salvini e il risultato più eclatante è quello registrato dalla Lega. Anche dal punto di vista politologico è davvero un fenomeno rarissimo che un partito (con responsabilità di governo) possa passare nel giro di un anno e in un contesto di affluenza più bassa da 5.705.925 voti (Elezioni Camera 2018) a 9.153.634 (Europee 2019). La Lega ha quasi raddoppiato i consensi, mentre il M5S ha dimezzato il proprio elettorato. Il partito di Salvini diventa primo partito anche nell’Italia centrale, conquistando Lazio, Umbria e Marche e insidiando il primato anche in Toscana. Per il M5S si tratta di una clamorosa sconfitta: nel 2018 i grillini avevano preso quasi 11 mln di voti (32,7%), mentre in questa competizione si sono fermati a poco più di 4.500.000 (17,1%). Le cause di questa volatilità elettorale sono molteplici così come tanti sono i beneficiari del deterioramento arancione, ma autorevoli osservatori ritengono che sia stato proprio l’alleato di governo ad aver usufruito di questo effetto travaso (Cfr. R. D’Alimonte, «Il Sole 24 Ore», 28 maggio 2019). Nell’altro versante, per il Pd queste elezioni tracciavano un passaggio delicato che è stato superato positivamente, eppure anche su questo dato gravitano ancora parecchie incertezze. La prima riguarda lo spostamento generale dell’elettorato italiano; un partito di centrosinistra non può festeggiare se l’intero Paese si dirige verso destra. La seconda, invece, deriva da una lettura comparata dei risultati tra le Europee 2019 e le elezioni politiche 2018 (solo Camera dei Deputati); al di là delle percentuali il partito di Zingaretti ha ottenuto 6.050.351 voti, mentre il Pd di Renzi nel 2018 ottenne 6.153.081, dimostrando così di non aver ancora saputo tamponare l’emorragia in corso».
Il consigliere di Jesinsieme volge quindi lo sguardo verso la città. «In meno di un anno e senza una imponente mobilitazione sul territorio – evidenzia sempre Cioncolini -, la Lega è passata da 3.065 voti (Camera 2018) a 5.397 (Europee 2019). In casa Pd l’arretramento assoluto registrato a livello nazionale non è stato arginato neppure a livello locale, subendo così una flessione di oltre 150 voti in un anno. Anche a sinistra le cessioni non sono mancate. Rispetto al 2018 la galassia dei partiti che si collocano a sinistra del Pd ha perso ulteriore terreno e il risultato ottenuto dalla lista La Sinistra a Jesi, che è comunque superiore alla media regionale – ulteriore conferma di un attivismo capillare ed efficace in città -, può solamente mitigare le dimensioni di una sconfitta. Insomma, per concludere, tentando di interpretare soprattutto a livello locale questi flussi elettorali, c’è da chiedersi se esiste ancora un argine per frenare l’avanzata delle forze populiste? Il sentiero è stretto, ma c’è ancora margine. In questo senso, sarebbe auspicabile un maggiore dialogo e una più proficua collaborazione tra tutte le forze europeiste che si riconoscono esplicitamente nella Casa comune europea come proiezione internazionale dei valori sanciti dalla nostra Costituzione. Polarizzare lo scontro e radicalizzare la competizione agevolano solamente le forze politiche apertamente di destra. Serve dialogo e serve convergenza, almeno sulle grandi scelte e i temi di straordinaria rilevanza».