JESI – Un lungo ed emozionante applauso ha accolto, oggi pomeriggio (6 gennaio), Paola e Claudio Regeni al Palazzetto dello Sport di Jesi.
L’incontro, organizzato dalla Consulta per la Pace, ha visto una partecipazione straordinaria di persone: «Per noi di Fiumicello il giallo è il colore di Giulio, sono orgoglioso che i miei concittadini siano entrati a far parte del “popolo giallo”» ha detto Bruno Lasca (leggi l’intervista) jesino di origini, ma da anni residente a Fiumicello e amico della famiglia Regeni. Una tradizione questa di dedicare la giornata dell’Epifania ai diritti umani, che la Consulta per la Pace «porta avanti da anni in città avendo già ospitato Gino Strada, i ragazzi di Locri, Don Ciotti» ha ricordato il coordinatore Paolo Gubbi.
Presente il vice sindaco Luca Butini che ha ricordato l’adesione del comune di Jesi alla campagna “Verità per Giulio Regeni” su proposta della consigliera Agnese Santarelli. «Siamo stati accolti da questa città con il lancio dei palloncini da Piazza Federico II – ha ricordato Claudio Regeni, il padre di Giulio – una manifestazione calorosa e festosa, segno di una città bella e aperta. Siamo qui per raccontare chi era Giulio, la nostra è una lotta: chiediamo verità e giustizia per Giulio, per tenere alti i valori in cui credeva, per consentire a ragazzi e ragazze di altri Paesi di godere dei privilegi che abbiamo noi in Italia».
Giulio Regeni aveva studiato nel New Mexico e in Inghilterra, aveva conosciuto ragazzi di nazionalità e culture molto diverse: «Giulio non era un giornalista, era un ricercatore – ha precisato la mamma, Paola – Aveva tentato di tornare in Italia ma ha dovuto rinunciare e si è messo a studiare per il dottorato, che non ha mai potuto finire. Per i suoi studi, Giulio era interessato all’aspetto economico, sociale e sindacale del mondo arabo, il lavoro su quest’ultima parte è coinciso con il suo assassinio». Giulio Regeni aveva capito la centralità dell’Egitto in molti aspetti del suo studio, aveva approfondito la lingua araba e poteva condurre le sue ricerche senza l’aiuto di intermediari. «Ci chiediamo spesso cosa avrebbe potuto dare Giulio al nostro Paese – ha aggiunto Lasca – Un ragazzo che sin da giovanissimo si è fatto conoscere per la sua curiosità e le sue capacità. Giulio ha fatto della libertà di pensiero la sua guida». Toccante il ricordo dell’insegnante di teatro, Michela Vanni: «Giulio è il nostro “Piccolo Principe”, un ruolo che in una occasione gli avevo negato per fargli fare un altro personaggio: di questo me ne rammarico perché in realtà è sempre stato esploratore di tanti mondi e come il Piccolo Principe è poi scomparso nel deserto».