Jesi-Fabriano

Parte da Jesi il progetto sulle Marche di Emanuele Scorcelletti, il fotografo delle star

Dopo il reportage del 2016 su Le Figaro, con le immagini sui luoghi del cratere sismico, il fotografo italo francese torna in regione per un omaggio appassionato ai marchigiani

Emanuele Scorcelletti al Teatro Pergolesi di Jesi

JESI- Emanuele Scorcelletti, origini paterne jesine (zona via Roma), nato in Lussemburgo e francese d’adozione, è il fotografo che ha raccontato e racconta il mondo del cinema e della moda. Nel 2002, a Cannes, ha fotografato Sharon Stone sul tappeto rosso del Palazzo dei Festival ottenendo un “World Press Award“ per la categoria Arti e Cultura. L’immagine è stata esposta a Jesi lo scorso anno a Palazzo Carotti nell’ambito della terza edizione di Effeunofest, insieme ai ritratti di tanti celebri attori, in quel bianco e nero di intensa verità e delicata poesia che contraddistingue lo stile di questo straordinario artista. Vip ma non solo: Emanuele collabora con riviste internazionali ritraendo la cronaca della condizione umana, come la serie sulle Marche nel 2015 e il lavoro sulla relazione tra l’uomo e il cavallo realizzata in Bretagna nel 2017. Entrambi questi progetti sono stati esposti al Festival Photo La Gacilly a La Chapelle – Gaceline, tra le più ambite sedi espositive europee, ed uno di essi – dal titolo “Equus” – è stato ospitato lo scorso anno nella Pinacoteca Civica di Palazzo Pianetti. Ha curato tra l’altro un reportage sul terremoto delle Marche nel 2016 – pubblicato su Le Figaro e motore di una raccolta fondi internazionale – e il reportage “Spirits of the Trees”, dedicato a un programma di piantumazione voluto dal progetto Greenhands della fondazione ISHA e sostenuto dalla Fondazione Yves Rocher nella regione del Tamil Nadu, una delle zone più aride dell’India.

Nato nel 1964 da padre marchigiano di Jesi e mamma friulana, si appassiona alla fotografia fin dall’età di 6 anni. Vive e lavora a Parigi mantenendo un forte legame con le sue radici. Dopo gli studi all’Institut National de Photographie et Cinématographie (INRACI) di Bruxell, entra a far parte dell’agenzia Gamma. Nel 1989 si trasferisce a Parigi continuando a lavorare con l’agenzia per la quale sviluppa un virtuoso fotogiornalismo alla francese.

Il profondo legame che Emanuele Scorcelletti ha sempre mantenuto con l’Italia, è il punto di avvio di un nuovo progetto artistico di valorizzazione e promozione delle Marche: attraverso un viaggio introspettivo nei luoghi del passato e a legami atavici mai recisi, il fotografo intende aprire interrogativi sul presente per trasformare un vissuto personale in una memoria collettiva. Il progetto prevede una mostra itinerante i cui scatti saranno realizzati nei prossimi mesi in molti luoghi della regione. L’esposizione verrà realizzata nel 2021, con vari eventi tra Italia e Francia. Il progetto, sostenuto dalla Regione Marche, è partito ieri, dopo mesi di preparazione e altri di stop forzato per l’emergenza coronavirus. La prima tappa ha avuto luogo ieri – martedì 20 ottobre – a Jesi, città motore del progetto espositivo, grazie ai Musei Civici di Palazzo Pianetti con la storica dell’Arte Simona Cardinali ed al Comune che l’hanno fortemente voluto. E sarà lo stesso Palazzo Pianetti ad essere la prima sede espositiva della mostra itinerante, l’anno prossimo.

Ieri al Teatro Pergolesi il progetto è decollato in un grande set fotografico allestito per l’occasione in palcoscenico dalle maestranze della Fondazione Pergolesi Spontini e della cooperativa Proscenio. Un set allegro e colorato, di cui sono stati protagonisti un bellissimo falco e 14 uomini e donne del territorio – artisti, impiegati, artigiani, studenti. Ciascuno di essi – a parte il falco – agghindato con abiti di scena e non, tra loro l’assessore alla cultura Luca Butini e il direttore generale della Fondazione Pergolesi Spontini, Lucia Chiatti. Lo scatto che li ritrae tutti insieme diventerà una foto di tre metri che aprirà la mostra di Scorcelletti sulle Marche.

Lucia Chiatti e Luca Butini dietro le quinte del set allestito al Teatro Pergolesi di Jesi per la prossima mostra di Emanuele Scorcelletti

«Per questo mio nuovo progetto espositivo – spiega Emanuele Scorcelletti – fotografo le Marche come le vedo io, con un sentimento poetico, innamorato di questa terra, un sentimento di rispetto e uno sguardo cinematografico. Nel mio reportage attraverso la regione proverò a toccare il maggior numero di luoghi possibile per sei-otto mesi, così da avere un riassunto personale del mio sguardo sulle Marche. Andrò nelle case, nelle famiglie, tra i contadini, nei boschi, in spiaggia, nei paesetti… proverò a raccontare come vedo io le persone fantastiche che sono i marchigiani, e i ricordi che ho maturato tra loro nei miei primissimi anni di infanzia. Nel mio lavoro è importante arrivare in un posto senza preparare nulla, senza essere riconosciuti per non togliere spontaneità allo scatto. Oltre a queste immagini si sono anche set molto costruiti, come nel caso dei ritratti fatti al Teatro Pergolesi dove le persone hanno posato insieme per una foto che è un simbolo del mio lavoro, cioè uno sguardo poetico e cinematografico, personale, sulle Marche. L’intera regione mi fa sognare, per me che vivo a Parigi quando vengo qui è tutto poesia, cultura, cinema. Trovo tutto bello: i sentimenti, la famiglia, l’amicizia dei marchigiani, stupendo il loro rispetto con la terra, la qualità del cibo e dell’accoglienza».

Quanto conta il cinema nel tuo lavoro?
«Il cinema conta tutto nella mia vita; i miei genitori mi portavano fin da piccolissimo a vedere film, ed essendo loro italiani emigrati all’estero assorbivo la cultura della bellezza, della luce e dell’inquadratura che era nei film stupefacenti di Antonioni, di Fellini e di Visconti. Erano film in bianco e nero come sono in bianco e nero le mie foto, ma questa immagine scattata al Pergolesi sarà eccezionalmente a colori, forse… chissà. Io fotografo come se mi trovassi dentro un film, tutto è cinema per me. Ho camminato nelle strade di Jesi in questi giorni e ho visto foto ovunque, ho scattato moltissimo. Porto sempre la macchina fotografica con me, perché le foto sono ovunque…».

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