Jesi-Fabriano

Jesi, recupero ex Carceri in stallo. Gli anarchici: «Che fine ha fatto la lapide per Sacco e Vanzetti?»

Posizionata nel 2006 e tolta con l'inizio dei lavori che dovevano concludersi nel 2014 ma non sono ancora finiti, la lapide ricordava i due anarchici italiani giustiziati negli Usa nel 1927. Erap sul cantiere: «Difficoltà con l'impresa»

Le ex Carceri, di cui va completato il recupero, e i giardini intitolati a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti

JESI – Che fine ha fatto la lapide che ricordava la figura degli anarchici Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, giustiziati negli Stati Uniti nel 1927, e che si trovava sul muro delle ex Carceri prima dell’inizio dei lavori di recupero non ancora conclusi? Tornano a chiederlo gli anarchici dei Gruppi “M. Bakunin” di Jesi e “F. Ferrer” di Chiaravalle, in una fase in cui l’intervento sulle ex Carceri, che doveva concludersi secondo il progetto originario nel 2014, vive di nuovo uno stallo.

Ex Carceri, che fine ha fatto il ricordo di Sacco e Vanzetti?

«Non è la prima volta che progetti simili rimangono in stallo – ricordano i gruppi jesino e chiaravallese – come anarchici richiamammo l’attenzione sull’incompiuta di Palazzo Santoni, circa una ventina di anni fa, e ci siamo associati in seguito poi, alle proteste del comitato No-Torre Erap per la discutibile scelta progettuale fatta in merito. Questa volta non c’è molto da aggiungere, a quanto già detto, tranne un piccolo particolare. Nei lavori fatti di ristrutturazione dell’edificio delle ex-Carceri, sul muro che si affaccia sui giardini, non è stata riposizionata la lapide dedicata a Sacco e Vanzetti, nel 2006, dall’Amministrazione Comunale, a sottolineare poi la titolazione dei giardini ai due anarchici italiani».

«La lapide recitava: “A Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, uccisi innocenti sulla sedia elettrica perché anarchici, immigrati, e lavoratori. Il valore delle loro vite vissute in nome di ideali di libertà, giustizia sociale e solidarietà umana sia monito ed esempio contro ogni forma di intolleranza razziale, persecuzione politica e repressione delle libertà. 1° maggio 2006.”. La lapide è mancante ormai da anni. Abbiamo segnalato il problema già nel luglio scorso chiedendoci se il mancato ripristino sia legato ad una scelta volontaria o meno, a causa della distrazione di un capo-cantiere, o della rimozione malandrina di qualche trafficone, o per un ordine preciso. Ed oggi? Bisogna aspettare il riavvio dei lavori per verificare se una lapide può essere ripristinata o meno? Vabbè, a pensar male non fa bene, anche se, di questi tempi la caccia all’anarchico è di moda, specie a livello politico, istituzionale e mediatico. Ma la rimozione della coscienza storica e della memoria di classe non ha fatto mai del bene a nessuno, specie alla collettività degli sfruttati».

Ex Carceri, i lavori

La storia del recupero ha avuto inizio con le risorse del “contratto di quartiere” assegnate a Jesi nel 2006. Il progetto era stato poi rivisitato su richiesta della prima amministrazione Bacci, che ha voluto concentrare qui anche quella quota di abitazioni sociali che inizialmente avrebbero dovuto trovare spazio al chiostro di Sant’Agostino. I lavori si sarebbero dovuti concludere una prima volta nell’agosto 2014, poi nel gennaio 2016, infine fra settembre e ottobre 2017, poi ancora nel 2020. La rimodulazione del Contratto di Quartiere ha fatto salire da 8 a 13 gli alloggi da ricavare. L’ammontare dell’intervento è arrivato ad un costo complessivo di quasi 1 milione e 800 mila euro e la quota a carico del Comune ha raggiunto i 584 mila euro.

«Purtroppo – spiega Maurizio Urbinati, segretario dell’Erap Marche cui è in capo il progetto – ci sono state difficoltà con l’impresa affidataria dei lavori, che ha dichiarato di aver avuto alcuni problemi di liquidità. Stiamo valutando se continuare ad affidarci per la conclusione dell’intervento alla stessa azienda, alla quale pure abbiamo dato dei termini perentori per procedere, oppure addivenire alla risoluzione del contratto. Che resta però l’ultima opzione. L’esterno dell’intervento è in gran parte stato condotto a termine restano lavorazioni per circa 100mila euro, che riguardano in gran parte interni e aspetti impiantistici. Se dovessero essere rispettati i termini tempestivi che abbiamo richiesto alla ditta affidataria, rimangono un paio di mesi di lavori. Ma il punto è chiarire se l’azienda può rispettare tali condizioni. Altrimenti occorrerà procedere alla risoluzione del contratto, che resta però l’estrema ratio, dato che a quel punto, con la necessità di un nuovo affidamento, la conclusione del cantiere tornerebbe a farsi più lontana».