Jesi-Fabriano

Kazi Fokhrul: «Mai parlato di moschea, chiedo solo un luogo più sicuro»

Il consigliere comunale aggiunto spiega: «Il nuovo centro culturale islamico è un'esigenza, in quanto quello attuale è collocato in una posizione non adeguata alla presenza di tanti bambini e a quella dei fedeli che vengono a pregare il venerdì»

Kazi Fokhrul durante il suo intervento alla festa bengalese del 30 luglio scorso

JESI – La classica tempesta in un bicchiere d’acqua. La sintesi di quanto negli ultimi giorni si è andato polemizzando relativamente al sorgere, in città, di una moschea.

È questo il pensiero di Kazi Fokhrul, bengalese, 27 anni, da 10 in Italia. Non ancora cittadino italiano ma lo diventerà. Lavora alla Cab Plus di Monsano.

Lui è il consigliere comunale aggiunto in rappresentanza delle comunità straniere.

L’attuale sede del centro culturale islamico di via Erbarella

In occasione della festa della comunità bengalese di Jesi – il 30 luglio scorso – , comunità composta da più di 500 persone, di fronte a Sindaco, assessori, consiglieri comunali, ambasciatore del Bangladesh, ha particolarmente voluto evidenziare la necessità che in città «possa sorgere presto un centro culturale islamico più adeguato alle attuali esigenze, più sicuro, dove incontrarci e poter insegnare ai nostri figli la cultura del nostro popolo affinché non vada persa».

La conclusione, consequenziale, dunque, è che «la parola moschea – sottolinea – io neanche l’ho pronunciata. Chi era lì, quel giorno, lo sa, chi invece non c’era non lo sa. Eppure ne è sorta la polemica».

Fokhrul spiega come «siamo in una situazione insicura, soprattutto per i bambini, visto la vicinanza di strade cittadine di grande traffico, come via Erbarella e viale della Vittoria. Ma anche per gli altri, specialmente il venerdì, giorno di preghiera, quando l’affluenza è maggiore. Non voglio che possa accadere qualche incidente, ci vuole un posto più sicuro, più grande e adeguato».

«Mi impegnerò perché il trasferimento possa avvenire al più presto per problemi di sicurezza»

Con un inciso, importante: «Io come consigliere comunale aggiunto non mi batto solo per il nuovo centro culturale islamico. Se altre comunità straniere si trovassero nella nostra stessa situazione sono pronto ad appoggiare le loro richieste con impegno».

Diciamo subito, allora, che per moschea si intende – come spiega la sociologa Maria Bombardieri, esperta di islam italiano – «quella struttura architettonica costruita “ad hoc”  e completa di cupola e minareto. Visibilmente riconoscibile nello spazio pubblico come presenza di un luogo di culto per musulmani».

E il consigliere aggiunto precisa come «in moschea si va a pregare, è un luogo di culto. Nel centro culturale, composto di più ambienti, si prega ma si fanno anche tante altre iniziative, come il corso di italiano indirizzato agli stranieri. E questo mi sta a cuore perché la struttura sta dando una mano anche a me, come consigliere straniero, e alla mia gente, che sta cercando di imparare l’italiano».

«Noi musulmani di Jesi siamo una comunità pacifica, stiamo tutti insieme, arabi, africani, asiatici. Gente di tutti i colori, senza alcuna differenza, tutti uguali. E ci sono anche italiani».

Spostarsi, allora. Ma quando? Tutto sembrava imminente…

«Non so quando potrà nascere questo nuovo centro. So che farò tutto quello che potrò perché ci sia il trasferimento al più presto proprio per problemi di sicurezza. Il progetto non è nato ieri, già da otto anni si sta cercando di cambiare ma quando saremo pronti tutto avverrà nel massimo rispetto delle regole».

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