FILOTTRANO – «Vincere non va mai pensato come un fatto naturale. Dietro ci sono sempre grande lavoro, impegno, serietà. Quello che è riuscita a fare la Lardini rappresenta davvero un bell’esempio». Parola di Arrigo Sacchi, mentre Luigi e Andrea Lardini mostrano al tecnico del grande Milan fra anni ’80 e ’90, e vicecampione del Mondo alla guida dell’Italia nel 1994, i “gioielli” sportivi di famiglia: i due trofei, la Coppa Italia di A2 e quella della vittoria del campionato e della promozione in A1, che la loro Lardini Filottrano ha saputo conquistare in una strepitosa stagione che ha portato il piccolo e laborioso centro marchigiano nel gotha della pallavolo femminile nazionale. Ma c’è, inevitabilmente, anche il triste pensiero rivolto al ricordo di Michele Scarponi. «Quanto accaduto a Scarponi- dice Sacchi- mi ha tanto più colpito, dato che anche io sono un appassionato ciclista. Esco in bicicletta praticamente tutti i giorni, anche se ultimamente per giri meno lunghi di un tempo e dalla bici da corsa sono passato alla mountain bike. Non conoscevo Scarponi personalmente ma conoscevo e ne apprezzavo la figura di sportivo e umana. E’ terribile piangere un giovane». E Luigi Lardini racconta: «Appena pochi giorni dopo la grande gioia per la promozione, l’incidente a Michele Scarponi ha zittito tutto il paese, che ne amava la grande simpatia e disponibilità. Una grande sofferenza per tutti noi».
Accompagnato dall’amico Floriano Bini, quella dell’Arrigo da Fusignano al Factory Store e poi alla sede della Lardini è stata una cordiale visita all’eleganza del marchio filottranese e agli amici fratelli Lardini. Accolto fra gli altri nello showroom da un ex attaccante della Jesina Calcio, Riccardo Fabbri (nel management Lardini un altro ex leoncello è Carlo Carloni, terzino nella Jesina che conquistò la C2 nello spareggio di Arezzo), Sacchi ne ha tratto spunto anche per ricordare le sue esperienze in zona da tecnico, prima del salto nel grandissimo calcio e nel primo Milan vincente dell’era Berlusconi. «Da allenatore venni con il mio Rimini a giocare a Jesi contro la Jesina. Pareggiammo, per noi segnò di testa Rocco, che era il nostro difensore centrale. Ma di quegli anni ricordo anche un turbolento finale di partita a Civitanova, nonostante peraltro quella gara l’avessimo persa in maniera netta. Alla fine di quella stagione (serie C1 1984-85) sarei potuto passare ad allenare l’Ancona. Mi incontrai con il patron di allora, Longarini, e col direttore Italo Castellani, che purtroppo non c’è più. Ma mia moglie spingeva perché andassi invece a Parma, dove aveva delle amicizie. A Longarini lo dissi, e lui fece arrivare a casa per mia moglie un grande cesto di rose. Ma poi scelsi Parma anche perché mi sentivo un poco obbligato nei loro confronti, dopo che un contatto di un paio d’anni prima era rimasto in sospeso».
Da Parma il salto al Milan e il via all’epopea sacchiana. Fino all’esperienza azzurra e al titolo mondiale sfumato solo ai rigori a Pasadena. «Un filosofo francese ha detto giustamente che gli eroi sono coloro che fanno tutto quello che possono. E io non ho rimpianti o recriminazioni, perché in quel Mondiale abbiamo fatto più di quanto potevamo, andando anche oltre le nostre capacità. Quel gruppo del 1994 giocava costantemente coi crampi in quel gran caldo ma la testa faceva arrivare le gambe lì dove le forze non arrivavano». Poi i complimenti alla Lardini Pallavolo. «Il trofeo del campionato è più importante di quello della Coppa Italia ma io tengo tantissimo a tutti e due, sono due grandi traguardi per una realtà sportiva che ha fatto parlare in tutta Italia di un centro di appena 9 mila persone» dice Luigi Lardini. E Sacchi sottolinea: «Avete fatto una grande cosa per la vostra Filottrano. In nessun campo la vittoria può arrivare se non ci sono alla base doti caratteriali e psicologiche in grado di esaltare le qualità. Potete davvero esserne orgogliosi».
Prima dei saluti, c’è posto anche per accennare ai successi calcistici della Juventus per la sesta volta di fila Campione d’Italia e attesa il 3 giugno dalla finale di Champion’s League con il Real Madrid. «Al presidente del Real, Florentino Perez, l’ho scritto in un messaggio: la Juve è una squadra di grande forza difensiva, sa far male in contropiede e sulle palle inattive ma più di ogni cosa avrà una incredibile fame di vittoria. I loro successi sono frutto della programmazione: il Club viene prima della squadra, la squadra prima del singolo. E società, tecnico, giocatori sono riusciti a costruire una compattezza determinata e disposta a dare la vita per vincere».