Jesi-Fabriano

Lascito Morosetti, parla il sindaco Massimo Bacci

Intervista al Primo Cittadino di Jesi all'indomani della decisione del comitato dei garanti di bocciare il referendum abrogativo, dando di fatto il via libera al ritorno della fontana dei Leoni in piazza della Repubblica

Il sindaco Massimo Bacci, Cassio Morosetti e l'assessore Marialuisa Quaglieri

JESI – La fontana dei Leoni torna in piazza della Repubblica. Sei mesi a disposizione per completare il trasferimento e ottenere i 2 milioni di euro lasciati in eredità da Cassio Morosetti. Una vicenda che ha monopolizzato il dibattito cittadino degli ultimi mesi. Proprio ieri, è arrivata la bocciatura del referendum abrogativo da parte del comitato dei garanti. Si va avanti, insomma, sulla strada tracciata a maggioranza dal consiglio comunale. Ad assumersene la piena responsabilità, il sindaco Massimo Bacci, che ribadisce il suo punto di vista, provando a chiarire i dubbi emersi in queste settimane.

Sindaco, cosa ne pensa della decisione del comitato dei garanti?
«Ritengo – risponde Bacci – che l’avvocato Patrizia Niccolaini, il difensore civico regionale, Andrea Nobili e il viceprefetto Michele Basilicata abbiano confermato quanto già espresso dal medesimo organismo in occasione del quesito referendario riguardante la riqualificazione di Piazza Pergolesi, vale a dire che non possono essere oggetto di referendum consultivo e abrogativo i piani territoriali ed urbanistici, i piani per la loro attuazione e le relative variazioni, come indicato dal regolamento sugli istituti di partecipazione e consultazione dei cittadini. In buona sostanza, si tratta di una materia esclusiva del consiglio comunale, che si è espresso legittimamente in merito».

C’è chi sostiene sia andato in scena “il ricatto del ricco”. È d’accordo? Ciò che è accaduto può rappresentare un precedente?
«Onestamente, considero assurdo che qualcuno possa avere scambiato la generosità di una persona lontana dalla nostra città per un ricatto. Sono fermamente convinto, al contrario, che Cassio Morosetti, a cui tutti dovremmo essere grati, abbia pensato di fare un regalo ai suoi concittadini senza vincolare nessuno, indicando da subito le associazioni di beneficenza a cui sarebbero andati, in alternativa, i soldi. Ci ha dato chiaramente la possibilità di scegliere, senza assolutamente imporre nulla».

E se qualche cittadino benestante, domani, si svegliasse e donasse soldi per spostare l’Arco Clementino?
«Premesso che la ricollocazione della fontana dei Leoni ha avuto il benestare preventivo della Soprintendenza per i Beni Culturali delle Marche, questo argomento mi è parso fin da subito pretestuoso. La fontana era stata progettata, e successivamente realizzata, in piazza della Repubblica: stiamo semplicemente riportando un monumento nello spazio in cui era stato concepito. Ciascuno ha la sua opinione in merito agli aspetti estetici. Noi abbiamo ritenuto che fosse un’opportunità, motivando la scelta in maniera più che esaustiva in una delibera di giunta, e assumendocene conseguentemente la responsabilità. Oltre al rischio». 

Il vincolo temporale è effettivamente molto stringente…
«Presumo che Morosetti lo abbia inserito perché la politica ci ha spesso abituato al: “Sì, lo facciamo”, senza poi dar seguito a quanto promesso».

In questo periodo si è parlato davvero molto della fontana dei Leoni. Troppo, forse…
«Penso di sì. Stiamo vivendo uno dei periodi più critici della nostra città. Fronteggiamo una crisi sanitaria che ha visto e tuttora vede coinvolti centinaia di nostri concittadini. Vi è un aumento molto significativo di persone che vivono in stato di indigenza, moltissimi imprenditori che hanno cessato l’attività, altri che stanno cercando di sopravvivere, un elevatissimo numero di dipendenti che temono per il loro lavoro: la nostra amministrazione si è concentrata su tutte queste questioni messe in evidenza, in particolare fornendo supporto a chi, dall’oggi al domani, si è trovato in uno stato di povertà. La traslazione della fontana dei leoni è passata in secondo piano rispetto a tutto ciò».

Piazza Federico II e la fontana dei leoni

Non sarebbe stato più opportuno, allora, lasciare la fontana al proprio posto così da destinare i soldi ereditati in beneficenza?
«Innanzitutto, sfido qualsiasi amministratore pubblico, considerata la situazione economica del paese e in particolare degli enti locali, a rinunciare a una donazione di questo importo. Mi chiedo inoltre: il Comune non è la casa dei cittadini? Non saranno tutti gli jesini a beneficiarne? Cassio Morosetti ha donato ben 2,8 milioni di euro a Jesi, ovvero 800 mila euro per realizzare il nuovo centro Alzheimer e ulteriori 1,2 milioni per la sua città Natale, tenendo conto che per lo spostamento della fontana serviranno circa 800 mila euro. Con questi soldi, abbatteremo le barriere architettoniche per agevolare la mobilità delle persone più fragili, riqualificheremo gli spazi esterni della nuova struttura per la cura dell’Alzheimer, sistemeremo due piazze, daremo ai giovani e ai creativi la possibilità di esprimersi attraverso la casa della musica e dell’arte in piazza Federico II. Questo sarebbe il ricatto del ricco? Personalmente, rifarei questa scelta se dovessi tornare indietro, assumendomene di nuovo la piena responsabilità. Così ho impostato, fin dall’inizio, il mio ruolo da sindaco».

Ma non sarebbe stato meglio coinvolgere i cittadini mediante referendum?
«Il comitato dei garanti ha chiarito che non può essere oggetto di referendum un piano urbanistico, che rimane di esclusiva materia del consiglio comunale. A parte questo, Io credo fortemente nella democrazia rappresentativa. Credo nelle istituzioni, scelte attraverso il voto. E credo nel ruolo dei consiglieri, in rappresentanza dei loro elettori. Non ritengo, comunque, che questa potesse essere materia di delega, non stiamo parlando di cambiar nome alla città, ma di riportare un monumento nella sua sede originaria».

Piazza della Repubblica con la fontana dei Leoni (foto di Jesi e la sua Valle)

Si sono anche accesi i toni, qualcuno probabilmente ha esagerato…
«Ogni opinione è legittima, e ci sta pure che qualcuno abbia lambito i limiti della dialettica civile, lo considero un segno d’amore verso la propria città. Non mi riferisco, ovviamente, agli insulti, quelli non mi piacciono. È proprio l’amore per Jesi, del resto, che ci ha spinto ad assumerci questo rischio, in un periodo particolarmente complesso. Devo dire, tuttavia, che mi ha veramente sorpreso  vedere due consiglieri (che peraltro non hanno nemmeno votato in consiglio la pratica della fontana) e un segretario di un importante partito, all’interno del comitato referendario, che puntavano ad annullare una decisione legittima ed esclusiva dell’aula consiliare, come confermato dagli stessi garanti. Tante questioni, negli anni, se avessimo seguito questa logica, avrebbero richiesto un referendum popolare. Ma non per me. Perché ho sempre interpretato così la democrazia: accettare quanto deciso nell’aula consiliare, anche se non è ciò in cui speravo».

La fontana, insomma, torna di fronte al teatro Pergolesi. Quando partiranno materialmente i lavori?
«In attesa del pronunciamento del comitato dei garanti, abbiamo dato seguito alle sole attività finalizzate alla redazione della progettazione. Gli uffici credo, sin da oggi, hanno ripreso le attività, che confidiamo permettano al Comune di assegnare i lavori nella prima decade di marzo».