Una guida degli edifici architettonicamente più importanti costruiti nella nostra Regione dai primi del Novecento fino al 2015. “Guida all’architettura nelle Marche” è il libro scritto da Lorenzo Ciccarelli, jesino, classe 1987, laureato in Ingegneria Edile-Architettura all’Università Politecnica delle Marche. Dal 2013 è collaboratore della Fondazione Renzo Piano per la quale ha contribuito alla cura scientifica e all’elaborazione di numerose mostre. Docente a contratto dell’Università di Firenze, ci racconta il lato artistico delle Marche, l’unica Regione plurale già nel nome.
Dal punto di vista architettonico come definire le Marche?
«Le Marche sono una regione storicamente periferica, dunque senza una città capitale o un centro che, in forza della sua importanza demografica politica o demografica, abbia saputo concentrare in un luogo tutte le forze di un territorio. È per questo che sono state storicamente attraversate da artisti e architetti provenienti dai centri maggiori, in particolare Roma».
Questo è un tratto distintivo della regione?
«Sì, come anche di tante altre regioni, Abruzzo o Umbria per esempio, per rimanere soltanto nel Centro Italia. Anzi, la definizione delle “regioni”, che datano all’Unità d’Italia, non rende le complessità di movimento e territori che costantemente le travalicano. Ad esempio, le vicende di Ascoli Piceno sono strettamente connesse a quelle delle città d’Abruzzo, in particolare Teramo e Pescara».
Quali sono, secondo lei, le strutture di Jesi che ritiene più valide? Penso anche al nuovo cimitero…
«Jesi, come anche Senigallia, ha un livello di architetture e di gestione urbanistica decisamente sopra la media. Certo il cimitero è un nervo scoperto per molti jesini, tuttavia la vicenda che portò alla sua costruzione è per molti versi esemplare: con un concorso aperto e una giuria prestigiosa, nella quale sedeva anche il celebre architetto Giancarlo De Carlo».
La sua “Guida all’architettura delle Marche” tocca più stili, anche molto diversi tra loro e raggruppa dieci percorsi che più che seguire i confini amministrativi seguono quelli territoriali.
«Mi auguro che la Guida, che è rivolta soprattutto a un pubblico di non architetti, susciti interesse e spinga i cittadini a prendere consapevolezza e a visitare le migliori opere di architettura contemporanea del loro territorio. Ciò renderebbe più esigenti i cittadini, spingendoli a buone pratiche di architettura per le nostre città».