JESI – Un presidio per tutta la giornata odierna (28 settembre) alla Coop di via Gallodoro organizzato dal gruppo di donne jesine “Non una di meno”. Oggi infatti in tutto il mondo è la giornata per l’aborto libero e sicuro ma non è solo questo a far scendere in piazza le donne: i fatti di cronaca delle ultime settimane sono stati trattati in maniera indegna, con una totale mancanza di analisi da parte dei media e delle istituzioni arrivando a trovare nelle violenza maschile più di una giustificazione.
«È gravissimo affrontare episodi di violenza sessuale da quel punto di vista, perché e sbagliato! – spiega Francesca Bartolacci, Unione donne italiane di Jesi – Si sono presi in considerazione solo gli effetti, non le cause. Nessuno che si sia chiesto: Ma come sono stati educati questi maschi? Che rispetto c’è nei confronti del corpo delle donne? Grazie a “Non una di meno” e all’Udi le denunce di violenza sono aumentate, non gli episodi. Fornire un decalogo antistupro, come fatto dal quotidiano Il Messaggero significa spazzare via anni di lotte in un attimo». «Ci si sta distraendo su falsi temi e non viene messo in discussione lo stereotipo che è sempre più forte. – Aggiunge Mariantonietta Schiadà – L’attenzione è dirottata sul razzismo e la paura: uno stupro è uno stupro non importa la nazionalità di chi lo ha commesso». «Si può cambiare. Dobbiamo informarci e formarci per superare questo ostacolo culturale – le parole di Emanuela Bartolini – Le donne devono acquisire consapevolezza e coscienza, perché sono loro le prime a non mettersi alla pari».
Altra forma di violenza gravissima è impedire l’accesso alla Legge 194, sull’aborto: «Le donne che decidono di abortire sono violentate psicologicamente e vengono ostacolate, costrette ad andare in giro per l’Italia – prosegue Bartolacci – L’aborto riguarda la salute delle donne, per questo aderiamo alla giornata di azione internazionale per l’aborto sicuro (dichiarata per il 28 settembre sin dal 1990, ndr). Un medico ginecologo deve sapere che la sua scelta professionale comporta anche questo». Per abortire a Jesi c’è un medico ogni 15 giorni: «Un ginecologo che viene da Fabriano, perché a Jesi sono tutti obiettori – evidenzia Paola Sabbatini – A Jesi i dati sugli aborti volontari sono bassissimi perché la presenza del medico è ridotta costringendo le donne ad andare altrove. A Jesi, inoltre, non viene praticato l’aborto terapeutico. A Senigallia lo scorso anno è partita una sperimentazione con la pillola abortiva sul cui andamento non si riesce ad avere notizia. Queste posizioni non lasciano alle donne la libertà».